Del Movimento che fu, o che prometteva sarebbe stato, non resta che una traccia sbiadita. Nel nome il presagio, come una meteora il M5s si è disintegrato in tempi record. Dalle elezioni del marzo 2018, quando i cinquestelle hanno ottenuto il 33% delle preferenze colorando di giallo mezzo stivale, sono mutate tante cose. Il consenso di cui i penstastellati godevano si è eroso, anche a causa di scelte discutibili, come l’alleanza con il Pd, instaurata tra agosto e settembre del 2019. Da lì è stato un fallimento continuo, sebbene sia innegabile che la crisi fosse già avviata, come dimostrarono i risultati scarsi conseguiti alle europee della primavera del 2019.
Troppe contraddizioni, di quelle gravi, che suonano come voltafaccia, anzi peggio, tradimenti veri e propri, di quelli che gli elettori non perdonano. E di fatti si è visto: il Mezzogiorno che riponeva le sue speranze sul Movimento non si fida più di Luigi Di Maio e soci. Sui territori i pentastellati sono già estinti, non è necessario attendere le prossime politiche del 2023. Essi non governano neppure una Regione, non hanno neanche un assessore regionale e godono di una manciata di consiglieri.
Insomma, la loro influenza è nulla. Tuttavia, essi governano la Nazione e occupano dicasteri fondamentali, come il ministero della Giustizia, quello degli Esteri, quello della Istruzione e altri. E, soprattutto, furono essi ad indicare Giuseppe Conte quale presidente del Consiglio, ruolo che il professore ha mantenuto nel passaggio dall’allenza con i leghisti a quella con i democratici. Anzi, potremmo sostenere che Conte è espressione del M5s, che designò lo stesso, durante la campagna elettorale per le politiche del 2018, quale futuro ministro della Pubblica Amministrazione.
Dunque, i grillini non contano più nulla, hanno il popolo sovrano di traverso, non riscuotono alcuna simpatia nell’elettorato, eppure tengono in mano le redini della Nazione.
Sul territorio non restano che le deludenti giunte Raggi e Appendino, quest’ultima peraltro è stata condannata ieri a 6 mesi di carcere per falso in atto pubblico, la prima invece ha avuto persino l’ardire di ricandidarsi al prossimo giro, nonostante la capitale sia una discarica a cielo aperto, gremita di cinghiali, che si spingono persino in centro, cuore della città dove spesso gli autobus prendono fuoco. Un caos totale!
Volevano governare. Abbiamo concesso loro il beneficio del dubbio, ma i penstatellati hanno dato ampiamente prova di non essere assolutamente in grado di amministrare la cosa pubblica.