Si era eclissato dai social network, abbottonato in un silenzio che sapeva più di crisi esistenziale che di governo. Poi Luigi Di Maio è riapparso, postando una foto dal Quirinale in cui figura sorridente al fianco del presidente della Repubblica.

E giù una pioggia di insulti, offese, accuse da parte dei suoi ex sostenitori, quei seguaci sedotti ed abbandonati che lo avevano visto fino a qualche giorno prima condividere video in cui tacciava il partito democratico di essere il male assoluto dell’Italia ed ora alle prese con la negoziazione di un accordo con i nuovi “partner in crime”, più complici che alleati, soci in una truffa ai danni dei rispettivi elettorati.

Ad intestarsi suo malgrado la colpa di quello che viene percepito dalla base come un tradimento imperdonabile è Gigino: salverà il sedere non soltanto a se stesso bensì a tutti gli eletti pentastellati eppure sarà il capro espiatorio di cui liberarsi più avanti, allorché sarà necessario ripulirsi, rinnovarsi, recuperare i consensi bruciati con cognizione di causa.

Assomiglia ad un kamikaze il capo (si fa per dire) del partito di Davide Casaleggio. Annusa il pericolo di disintegrarsi, tuttavia gli corre incontro al fine di conquistarsi il suo posto temporaneo in paradiso, ossia nell’olimpo dei ministri (tutt’altro che vergini), ché lasciare lo scranno di vicepremier e ministro è troppo dolore. Ma in questa operazione suicida, il giovane si premura almeno di assicurarsi il fiancheggiamento del suo (da sempre) potenziale rivale, Alessandro Di Battista, affinché questi non lo spodesti tra qualche mese.

Fratelli coltelli, questo sono Dibba e Gigino. Si amano e si odiano. Collaborano e si attaccano. Si appoggiano e si affossano. Per un po’ Alessandro si è ritirato dietro le quinte per lasciare la scena a Luigi e compiere una lunga vacanza all’estero (stracco com’era delle fatiche di cinque anni da deputato), ben sapendo fin dal principio che un dì ne avrebbe preso il posto. E quel giorno è sempre più vicino. Ora Luigi, per il quale vale la regola “tieni i tuoi amici vicini ed i tuoi nemici ancora più vicini”, cerca di fagocitare all’interno del nascituro esecutivo l’antagonista, per il quale chiede un dicastero, forse quello degli Affari europei.

Dubitiamo che l’ex animatore turistico sia tanto idiota da accettare l’offerta, che non è altro che un modo architettato da Di Maio per abbattere il competitore assicurandosi di non esserne schiacciato. Insomma, regalare un ministero a Di Battista, il quale più che critico è ostile nei confronti del mostro M5s-Pd, significa per Luigino conservare la leadership, condividendo la responsabilità del voltafaccia agli italiani che hanno votato il movimento. Se Alessandro è dentro, non potrà dire: “Io ero contrario”.

Nel frattempo Dibba sui social ribadisce la sua posizione, usando toni aspri verso gli esponenti democratici. Di certo avere una poltrona gli fa gola, essendo disoccupato e avendo una famiglia da mantenere. Tuttavia, Alessandro si è sempre dimostrato prudente e lungimirante nelle sue decisioni. È lui il vero stratega grillino. Sa attendere, pianificare, perseverare. E non cadrà nella trappola tesa da Gigino. Dibba seguiterà a fare ciò che gli riesce meglio, ossia opposizione, stavolta persino ai suoi compagni. Resterà portatore dei valori originari del movimento, che si sintetizzano in un semplice chiaro sintetico “vaffanculo”.

Gli eletti pentastellati sperano che l’aspirante falegname venga inglobato nel Conte-bis. “Sarebbe un bello smacco per il Pd”, mormora qualcuno. “Dubito che accetti”, afferma qualcun altro. 

Tra poche ore dovrebbe prendere il via il novello esecutivo, che tuttavia sa di minestra riscaldata, e ancora si brancola nel buio fitto. Per Conte la partita è già chiusa, eppure oggi i militanti del M5s si esprimeranno riguardo questa bizzarra accoppiata giallo-rossa, e non sembrano molto propensi a benedirla. 

L’unico modo che Di Maio ha per salvare la faccia è fare saltare il banco. Si può ancora recuperare il recuperabile. Tuttavia, è difficile che uno che sbatte i piedini per ottenere la vicepresidenza del Consiglio costi quel che costi, sia tanto intelligente da rinunciare a tutto adesso pur di non bruciarsi per sempre. 

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Pubblicato su Libero del 3 settembre 2019

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