Che Luigi Di Maio abbia fatto la sua ennesima gaffe sostenendo che la democrazia francese sia millenaria non ci stupisce. Ormai siamo abituati ai suoi scivoloni. Ma ci inorridisce il suo pressappochismo politico nonché la faciloneria nel giudizio unita alla pericolosa maldestria. Il nostro vicepremier decide di scomodarsi e recarsi addirittura all’estero per incontrare i gilet gialli, movimento che in Francia da settimane conduce una battaglia giusta o meno contro il proprio governo mediante metodi anche violenti, ma diventando altezzoso rifiuta di incontrare chi gli chiede disperatamente un colloquio e arriva a bussare alla sua porta, ossia la delegazione che Juan Guaidò, autoproclamato presidente ad interim del Venezuela che è in balia ancora del dittatore Maduro, ha inviato in Italia con la speranza che il nostro Paese riconosca il diritto sacrosanto dei venezuelani a indire libere elezioni. Dunque, ricapitolando: il nostro ministro del Lavoro e vicepremier avviando contatti diretti riconosce l’autorità di un movimento sovversivo in barba al presidente francese, Emmanuel Macron, che scavalca sul suo stesso territorio mostrando solidarietà a chi lo vorrebbe destituire, ma si rifiuta di dare il riconoscimento ad un uomo coraggioso che da solo, sebbene appoggiato da oltre il 90% dei cittadini venezuelani, sta sfidando un regime sanguinario retto da Nicolás Maduro, criminale che non si rassegna a lasciare il potere e che si è imposto mediante l’esercito. “Vorremmo poter rappresentare la necessità che in Venezuela si possa giungere in tempi rapidi, e grazie al sostegno della comunità internazionale, a libere elezioni democratiche”, ha scritto Guainò in una lettera recapitata ai vicepremier nonché al presidente Conte, specificando l’intenzione di mandare in Italia una delegaIone ufficiale guidata dal presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea Nazionale Francisco Sucre e dal rappresentante europeo per gli Aiuti Umanitari Rodrigo Diamanti. Quest’ultimo ieri mattina nel programma Omnibus in onda su La7 ha spiegato quanto sia importante per il suo popolo ricevere il supporto dell’Italia in questa dura lotta contro la dittatura. “Di Maio non ci vuole incontrare, ci ignora, non ci risponde neanche”, ha dichiarato Diamanti. 

I venezuelani non ci stanno chiedendo di intervenire militarmente, non vogliono che i soldati americani, italiani, francesi, canadesi, piombano in Venezuela per catturare il despota e scatenare la guerra, sperano soltanto che l’appoggio fornito loro dall’Italia costituisca un ulteriore strumento di pressione sull’esercito venezuelano, portandolo ad arrendersi e ad abbandonare l’oppressore. Insomma, i delegati di Guainò chiedono solamente il nostro patrocinio, quello della comunità internazionale intera che per troppo tempo è rimasta indifferente e muta davanti ai crimini compiuti da Maduro a causa del principio vitale del diritto internazionale della non ingerenza negli affari interni di un altro Stato. Tuttavia ora è tempo di fornire il nostro sostegno, semplicemente facendo sapere ai venezuelani (nonché a Maduro e all’esercito che controlla) che anche l’Italia considera di fondamentale importanza che venga concessa loro la facoltà di votare e di eleggere i propri rappresentanti, così come stabilisce la loro stessa costituzione. Questa non è un’ingerenza, bensì una nostra responsabilità per non renderci complici di un regime che ha devastato un Paese un tempo prospero riducendo alla fame milioni di persone, che continuano a morire anche in nome della libertà. Fare questo riconoscimento non ci comporta nessuna fatica e nessun danno. Gli altri Paesi dell’Unione Europea hanno riconosciuto Guaidò come colui che deve portare il Venezuela a libere e democratiche elezioni, invece in Italia abbiamo Alessandro Di Battista che in televisione e sui social, non si capisce in qualità di che cosa, ci vuole convincere che sarebbe un danno se l’UE imponesse a Maduro ciò che avrebbe già dovuto fare, ossia indire le elezioni. Si scatenerebbe la violenza, sostiene il grillino. Quindi, per non fare arrabbiare Maduro, ci conviene stare zitti e lasciare che egli calpesti i diritti del suo popolo e continui a falciare vite decimando chiunque non stia dalla sua parte. 

Solo Matteo Salvini ha accettato di sedersi intorno ad un tavolo con i delegati venezuelani lunedì al Viminale per dare loro la possibilità di illustrare “il piano di azione per il ripristino della democrazia mediante l’indizione di libere e trasparenti elezioni e per risolvere l’attuale crisi umanitaria che sta colpendo tutti i venezuelani e più di 100 mila italiani che vivono in Venezuela”, come si legge nella missiva di Guainò. 

Ad un popolo già martoriato non si può negare persino l’ascolto.

Articolo pubblicato su Libero il 10 febbraio 2019

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon