Al secondo summit per la pace in Ucraina, che dovrebbe avere luogo il prossimo novembre, sempre in Svizzera, dove si è tenuto il primo a metà giugno scorso, è bene che venga invitata anche la Russia, precedentemente esclusa. Che a ritenere questo invito opportuno sia il presidente ucraino Zelensky, il quale ha avanzato tale proposta da Kiev nel corso di una conferenza stampa, è alquanto sorprendente, dato che ad oggi egli ha chiesto e ottenuto l’isolamento totale della Russia da parte dell’Occidente. Del resto, è stata bizzarra la scelta di non includere la Russia tra gli 80 Paesi invitati a partecipare al summit del mese scorso. Proprio poiché si discuteva di pace in Europa e in Ucraina, sarebbe stato necessario che la Russia ricevesse un invito. Ecco perché quella occasione è stata un flop globale: capi di Stato e di governo riuniti per una due giorni ai fini della pace ma privi di qualsiasi volontà manifesta di costruirla. Un bluff.

Ma come si spiega questo improvviso cambio di atteggiamento da parte del presidente ucraino?

È l’effetto-Trump. Pur non essendo stato ancora eletto, il tycoon è già in grado di esercitare una influenza positiva sul clima internazionale, sugli assetti geopolitici e pure sui mercati, quantunque ogni dì, anche oggi, su certi giornali leggiamo interviste a dotti esperti, celebrati ed esaltati dalla sinistra, i quali ci mettono in guardia dai rischi che corriamo in seguito ad una potenziale vittoria di Trump: crescerebbero inflazione e miseria… E bla bla bla. Una retorica e una strategia che ormai ci è familiare, in quanto adoperata senza scrupolo alcuno dai sedicenti democratici: insinuare la paura, anzi il terrore, di eventi catastrofici allo scopo di abbattere l’avversario politico, che però ne esce puntualmente rafforzato.

Il conto alla rovescia è partito. Il presidente ucraino sa bene che tra meno di quattro mesi, con la vittoria di Trump negli USA, verrà capovolto l’approccio degli Stati Uniti rispetto alla guerra in Ucraina e verranno immediatamente chiusi i rubinetti, ossia verranno sospesi dall’oggi al domani gli ingenti aiuti finanziari e militari in favore dell’Ucraina affinché si protragga una guerra di cui tutti i popoli sono oramai stanchi.

Negoziare sarà un fatto obbligato, quindi meglio cominciare a mostrarsi disponibili e pronti al dialogo. È questo il pensiero di Zelensky, il quale è consapevole che Putin nutre simpatia nei riguardi di Trump e viceversa, tant’è che il Cremlino ha commentato il recentissimo attentato subito da Trump con queste parole: “Era ovvio che la vita di Trump fosse in pericolo”, aggiungendo che Trump sia stato vittima di una spietata campagna di odio realizzata dai suoi avversari politici e che da ciò sia derivata la violenza volta a mettere fuori gioco il candidato repubblicano ammazzandolo, o almeno provandoci.

Inoltre, solo pochi mesi fa Donald promise che, qualora dovesse tornare alla Casa Bianca, metterebbe fine a questo conflitto nel giro di 24 ore. Una volontà chiara di chiudere la partita, che Putin ha recepito e accolto con favore, dichiarando di ritenere “sincere” e di sostenere le rassicurazioni di Trump.

Zelensky specifica di non essere affatto preoccupato dalla possibile vittoria di Trump, in verità questo è il suo più grande incubo. Un incubo che assume contorni sempre più definiti. Trump è in netto vantaggio nei sondaggi rispetto a Biden, questi appare sempre meno affidabile, inoltre il colpo di fucile all’orecchio e soprattutto la maniera di reagire all’attacco non hanno fatto altro che accrescere consenso e ammirazione di cui gode il tycoon, una stima che nemmeno le indagini e i procedimenti giudiziari (ormai tutti archiviati) hanno scalfito.

Trump è l’unica speranza concreta per giungere alla pace evitando che, nella mani di capi di Stato bellicosi e favorevoli ostinatamente ad un interventismo maggiore e a un coinvolgimento addirittura diretto dei Paesi occidentali nella guerra in corso in Ucraina (come Macron), ci ha spinti sull’orlo di un conflitto mondiale e nucleare.

L’Europa ha fallito. Non è stata in grado di costruire la pace. I Paesi europei hanno scelto la via della chiusura, del muro contro muro, dell’intransigenza, del politically correct applicato alla geopolitica, di appiattirsi su una stessa posizione, la quale, quantunque potesse andare bene all’inizio, avrebbe dovuto essere ridiscussa e rivista dopo oltre due anni di logorante guerra.

E ora ne vedremo delle belle. Nel giro di pochissimi mesi direttori di giornali che chiedevano una partecipazione militare attiva anche del nostro Paese contro la Russia (e ho gli articoli salvati), senza considerare i rischi conseguenti per la nostra Nazione e il popolo italiano, capi di Stato guerrafondai che volevano inviare truppe europee (che neppure esistono) a combattere in Ucraina contro la Russia, premier che promettevano sostegno incondizionato all’Ucraina e fiumi di denari pubblici e di armi a Zelensky cambieranno improvvisamente prospettiva e inizieranno a parlare di quanto sia indispensabile dialogare con Putin per mettere fine ad un conflitto che ha raso al suolo l’Ucraina e logorato il suo popolo, un conflitto di cui anche i cittadini americani e i cittadini europei sono stufi.

Tutto questo grazie all’avvento di Trump, di cui si dice sia un pericolo.

Ma il vero pericolo sarebbe la sua non elezione.

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