Davide Casaleggio vive abbottonato nel silenzio. Riservato, quasi schivo, raramente si è mostrato e, quando lo ha fatto, è ricorso sempre a poche parole. Ma oggi come un fiume in piena si è sfogato sul Blog delle Stelle in una lettera indirizzata proprio ai pentastellati, da cui si sente tradito e di cui lamenta da settimane le prolungate inottemperanze economiche. “Per 15 anni ho prestato la mia attività gratuitamente per un’idea di partecipazione collettiva. Quando mi è stata offerta la guida di un ministero, ho rifiutato pensando che il ruolo di supporto del movimento fosse più importante”, rivela il presidente dell’Associazione Rousseau, da cui dipende il M5s.

Proprio due giorni fa anche l’ex deputato Alessandro Di Battista, il quale si oppone strenuamente all’idea che l’alleanza tra il Movimento e il Pd divenga organica, ha svelato che, nel periodo in cui si stava dando forma al governo giallorosso (agosto 2019), gli era stato offerto da Luigi Di Maio un ministero e che poi gli alleati posero un veto su Dibba, pretendendo che, qualora fosse entrato Alessandro, pure Maria Elena Boschi avrebbe dovuto essere posta alla guida di un dicastero. Condizione che indusse Alessandro a rinunciare allo scranno. Tuttavia, questo racconto merita una riflessione: i grillini si spartiscono la cosa pubblica come fosse un pezzo di carne in macelleria. Che disgusto! E non erano essi a predicare “mai più premier e ministri imposti dall’alto, per rivestire questi ruoli occorre prima essere stati eletti”, invece poi, nei fatti, cosa fanno? Impongono come presidente del Consiglio l’illustre sconosciuto Giuseppe Conte e propongono a destra e a manca ministeri agli amici, rigorosamente non eletti, appunto Dibba e Casaleggio.

Questi ultimi sembrano adesso averne abbastanza dei compagni di partito, che appaiono irriconoscibili. Smarrito è lo spirito originario del Movimento e, frequentando i palazzi, i cinquestelle si sono fatti facilmente “corrompere” dal potere, tanto da accettare e difendere una alleanza stabile con il Pd, una sorta di unione dei perdenti, la quale dovrebbe arginare il centro-destra.

Nella sua lettera Casaleggio continua: “Ho dovuto sopportare insinuazioni, attacchi e calunnie nei miei confronti e nei confronti di mio padre anche da persone che grazie al nostro lavoro ricoprono oggi posizioni importanti. Il mio silenzio negli anni è stato un atto di profondo rispetto nei confronti di chi ha creduto nel nostro sogno, così come oggi ritengo sia doveroso parlare per onestà intellettuale”. Insomma, Davide taccia di ingratitudine i cinquestelle, i quali avrebbero addirittura infangato la memoria del suo babbo, fondatore del Movimento.

Davide non ci sta e lo proclama con fermezza: se il Movimento avanzerà sul cammino che sta percorrendo e che lo condurrà a divenire a tutti gli effetti un partito (e lo è già del resto), ossia se l’unione con il Pd diventa stabile, allora la piattaforma Rousseau non avrà più ragione di esistere: sarà la morte di un progetto politico.

“Garantiremo le attività che verranno richieste dal Capo politico del M5s, così come abbiamo sempre fatto con serietà e lealtà, per la realizzazione del percorso che il Movimento riterrà do voler fare, ma qualora, per qualche motivo, si avviasse la trasformazione in un partito, il nostro supporto non potrà più essere garantito, dal momento che non sarebbe più necessario poiché verrebbero meno tutti i principi, i valori e i pilastri sui quali si basa l’identità del Movimento di cittadini liberi e il suo cuore pulsante di partecipazione che noi dobbiamo proteggere”, specifica il figlio di Gianroberto, che sembra condividere pienamente la posizione di Di Battista. Questi infatti sui social ha postato la lettera di Casaleggio invitando tutti (in particolare i suoi ex compagni che ora fanno squadra contro di lui, Di Maio incluso) a leggerla.

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