L’immagine dell’attrice Vanessa Incontrada ignuda che campeggia sulla copertina di Vanity Fair costituisce un esempio di strategia di marketing pienamente riuscita la quale coniuga il vecchio e collaudato ricorso al nudo femminile al fine di vendere, in tal caso producendo rumore ed aprendo un dibattito piuttosto che seducendo, nonché la pretesa morale di lanciare un messaggio educativo alla società, in particolare al genere femminile, consistente nel precetto di amarsi per ciò che si è, fregandosene del giudizio altrui. Un corpo senza imperfezioni, nella medesima posa, non avrebbe sortito gli stessi effetti, in quanto non avrebbe innescato alcuna discussione e non ci avrebbe stupiti, dato che alla nudità siamo ormai irrimediabilmente assuefatti. Fino alla nausea.

Lo provano numerose ricerche scientifiche svolte all’estero e altresì in Italia. Dall’ultimo studio, condotto dai ricercatori delle Università di Padova e di Trieste e pubblicato su Sex Roles, è emerso che gli spot in cui compaiono donne o uomini sexy sono meno attrattivi per ambo i generi rispetto a quelli neutri, ovvero a quelli in cui non figurano individui scolpiti e senza veli. Insomma, il nudo erotico non ammalia più i consumatori. E personaggi dalla fisicità statuaria, quasi irrealistica, non generano in noi alcun tipo di empatia. Del resto, è più facile immedesimarsi in esseri umani più simili a noi, comuni mortali.

Per decenni nudo femminile e pubblicità sono andati a braccetto e ci siamo abituati alla presenza fissa di donne sexy e prorompenti, rigorosamente in abiti succinti, intente a reclamizzare di tutto, dalle gomme per l’automobile al detersivo per piatti, dal profumo alle caramelle. Dagli anni Ottanta in poi le ragazze smutandate hanno monopolizzato la televisione e l’esibizione della nudità è stata considerata la chiave del successo sia dei prodotti televisivi, ossia dei format, sia dei prodotti commerciali promossi attraverso il piccolo schermo. Da allora è stato un crescendo di seni e sederi spalmati ovunque e proposti in tutte le salse. Tanto che adesso il pelo di femmina ha cessato di trascinare più del carro di buoi.

Una signorina scosciata associata ad una merce qualsiasi ora ci risulta addirittura disturbante, poiché ci sfugge l’attinenza tra l’oggetto pubblicizzato ed il soggetto che lo pubblicizza, tale binomio ci appare dunque per quello che è: una stridente forzatura. In effetti, il filo conduttore è sempre mancato, tuttavia la pelle scoperta colpiva, destava meraviglia, qualche volta persino scandalo, suscitando in tal modo clamore e trasformando quel nudo in una cassa di risonanza di uno sponsor funzionale alle vendite massicce. Eppure oggigiorno la nudità non fa più strabuzzare gli occhi, in quanto è alla portata di chiunque in qualsiasi momento e ognuno di noi, nel suo piccolo, espone qualche parte “intima”, immortalandosi in biancheria, in costume, in pigiama, in casa, a letto, persino in bagno, e postando poi gli scatti sui propri profili social, accessibili al mondo intero. Paradossalmente, la possibilità di “spiare” l’altro, o meglio ciò che l’altro del suo privato ci propone e propina a sua discrezione, ci ha guariti dal voyeurismo malato tipico degli anni Settanta di cui ci siamo portati dietro i retaggi per lustri.

I tempi si sono evoluti: la nudità esasperata come strategia di vendita non ci attrae più, ci sembra volgare, desueta, persino ridicola. E in effetti è morta e sepolta pure l’epoca luccicante di un intrattenimento fondato sulla continua ostentazione di carni fresche con lo scopo di stuzzicare le fantasie maschili tenendo milioni di telespettatori incollati allo schermo e quei conduttori che sono rimasti a lungo legati a questa tipologia ammuffita di televisione anni Novanta, con la convinzione che fosse l’unica vincente, hanno finito con il tramontare insieme ad essa, non essendo riusciti a modificare i propri rigidi schemi.

Ma siamo state pure noi donne a progredire: è cresciuto negli ultimi anni il numero delle lavoratrici, delle manager, delle single, delle signore indipendenti che non accettano il ruolo di statuette, o di bambolone, o di oche giulive, il gentil sesso non ritiene più che denudarsi sia l’unica maniera per farsi notare, per affermarsi, per contare qualcosa, per farsi accettare e desiderare. Alla esibizione del sedere preferiamo quella del cervello, e non per niente siamo più istruite dei maschi. E non consentiamo a nessuno di ridurci a meri oggetti sessuali, da porre a corredo di un articolo qualunque appena immesso sul mercato.

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