Lo abbiamo visto fare aerobica in mutande, sculettare al supermercato, nuotare con tanto di pinne e maschera per portare a galla dai fondali blu graziose stelle marine da fare ammirare all’equipaggio del suo yacht, recarsi in visita dalla sua amata mamma indossando una parrucca bianca per poi ridere con lei a crepapelle, impegnato in spiritosi siparietti e soprattutto romantico ed innamorato tra le braccia del suo compagno.
Stefano Gabbana si è mostrato in tutte le salse, senza mai nascondersi e senza risparmiare né “grazie” né “vaffanculo”, restando sempre fedele a se stesso. Tanto divertente quanto irriverente, Stefano sa essere bambino e anche uomo, stilista cinquantacinquenne di fame internazionale e anche ragazzo della porta accanto, che in un giorno qualunque si reca a fare la spesa al mercato con il suo fidanzato, il personal trainer Luca Santonastaso.
Alle dichiarazioni di odio da parte degli haters che impazzano sui social networks l’imprenditore risponde con un sorriso. “Ti odio”. “Lo so”, è la sua replica secca, ossia “me ne strafrego”. Perché tanto Gabbana è felice lo stesso, e balla e danza e ride e scherza e si traveste e prende in giro gli amici e soprattutto se stesso.
La sua arma è l’autoironia, quello stesso spirito giocoso che D&G mette nelle sue creazioni, dagli abiti agli accessori, e che costituisce uno dei tratti salienti della maison, la quale ha tanto successo poiché non si prende troppo sul serio, ossia sa giocare. Basta osservare le vetrine di D&G o una sfilata di qualsiasi stagione e di qualsiasi anno per accorgersi che per i due stilisti, che diffondono un virtuoso ed ambito concetto di “italianità” nel mondo, il fashion altro non è che un solenne inno alla Vita.
Eppure non provate a pestargli i piedi o a colpirlo nel suo orgoglio, perché Stefano non è tipo che le manda a dire e non risparmia nessuno: dal vip di turno all’uomo comune. E può risultare più acido di uno yogurt andato a male. Stefano ignora la diplomazia: dice ciò che pensa e fa ciò che dice. Provi a fargli lo sgambetto e a cadere alla fine sei tu. Tenti di ferirlo e resti sul tappeto. KO. Mai sottovalutarlo solo perché ogni tanto mette una parrucca colorata, tacchi improponibili e balla musiche latino-americane meglio di Jennifer Lopez.
Quando lo scorso anno Melania Trump, che le firme più autorevoli della moda si erano rifiutate di vestire per non ritrovarsi contro lo star-system intero, D&G, brand che non fa discriminazioni di nessun genere, foderò con i suoi abiti elegantissimi il corpo sinuoso e stupendo della first lady. Il risultato? Melania era uno schianto. E tutti gli altri stilisti si mangiavano le mani.
Ed ecco che prese il via sul web la campagna “Boicotta D&G”, mirante a screditare e a danneggiare i due artisti italiani, rei di avere fatto nient’altro che il loro mestiere. L’invidia è una brutta bestia, del resto. Tuttavia, D&G reagì con una genialata: sfruttò tale propaganda negativa per lanciare una collezione di magliette bianche con su questa scritta: “Boycott Dolce & Gabbana”. Al costo di 245 dollari cadauno. Un altro successo spaziale.
Insomma, anche il livore altrui nei nostri confronti può produrre i suoi effetti benefici se solo smettiamo di lamentarci e cogliamo l’opportunità. Stefano docet. Persino un calcio nel sedere può avvantaggiarci, se non altro ci spinge in avanti.
Eppure anche Gabbana a volte scivola sulla buccia di banana. Raccoglie gratuiti commenti al vetriolo sulla sua pagina di Instagram, seguita da oltre un milione di seguaci, ma a sua volta li semina. Risale a qualche giorno fa lo scontro virtuale tra la ballerina Heather Parisi e lo stilista, che sotto una foto postata dalla donna su Instagram ha commentato: “Ma sta stronza ancora campa?”.
Immediata la risposta della showgirl: “C’è un pazzo sui social che si spaccia per Stefano Gabbana oppure Stefano Gabbana sui social ha deciso di dichiarare al mondo intero la sua precoce demenza senile?”. E poi, sempre a proposito dell’imprenditore: “Che cattivo esempio di uomo, di gay e di italiano”.
Stefano, stavolta non ci sei piaciuto. Ma tanto tu te ne freghi, lo sappiamo. Noi ti preferiamo quando ci fai sorridere, contagiandoci di vita. Perché lo scherzo è bello sì, quando non fa male.
Articolo pubblicato su Libero il 23 giugno 2018.