Una bizzarra paura si è impossessata negli ultimi giorni del genere umano. Non quella di ammalarsi e morire a causa del Covid-19 né quella di perdere il lavoro o una persona cara, bensì il timore di restare sprovvisti di carta igienica. Si tratta di una isteria collettiva che non risparmia nessun continente e nessuno Stato. Sulla scia di quanto accaduto a Hong Kong, dove a metà febbraio la penuria di questo prodotto ha indotto un commando armato a irrompere in un supermercato al fine di rubare 600 rotoli, per un valore stimato di circa 200 euro, la popolazione mondiale, dall’Asia agli Usa, sta facendo incetta di confezioni. 

Tanto che i media americani ci tengono a rassicurare gli avventori rabbiosi, i quali per un rullo sarebbero disposti a cedere oro, e persino il marito o la moglie. Il messaggio è forte e chiaro: i cittadini statunitensi non rischiano di ritrovarsi senza soffici veli nel momento clou, in quanto l’America non esaurirà la sua carta igienica, nonostante l’aumento della domanda sia senza precedenti. 

Tuttavia ciò non allevia il terrore di uomini e donne e non frena la corsa all’accaparramento, per arginare la quale alcuni market hanno stabilito che non si possa acquistare più di uno pacco alla volta. In Florida un tizio è stato arrestato per avere sottratto 66 rotoli da un albergo, caricandoseli nel bagagliaio della sua auto. Nel Nebraska sono stati chiusi i distributori automatici lungo una strada statale dato che gli automobilisti stavano saccheggiando le toilette pubbliche. 

Nella Carolina del Nord, invece, è stato posto sotto sequestro un camion risultato rubato, al suo interno c’erano diverse tonnellate di carta da bagno. Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, precisamente a Londra, alcuni membri dell’Eltham Terrace Club giocano a poker puntando morbidissimi rulli anziché fiches. E a coloro che vincono non resta che augurare di andare… Vabbè, avete capito. Pure nel Belpaese abbiamo assistito a corse perdifiato verso i reparti dedicati all’igiene con l’obiettivo di portare a casa imponenti scorte di codesto amato articolo, senza il quale ci sentiamo persi. Anzi di più, finiti. Finché c’è carta c’è speranza. 

Secondo una ricerca del Worldwatch Institute nel 2005 ogni persona ha dissipato in media 3,8 chili di carta igienica, con picchi di 23 chili pro capite negli Stati Uniti, ossia di quasi due chilogrammi al mese. Il che appare quasi impossibile. Insomma, cosa diavolo ci faranno gli americani con tutti questi veli? Vi si avvolgono come mummie prima di andare a dormire o, semplicemente, hanno un intestino troppo attivo e una vescica neurologica? Sono gli effetti di una società dei consumi che ha ormai smarrito la bussola, insieme al senso della misura: forse più che accumulare dovremmo cominciare a economizzare. E a ciò ci predispone bene la quarantena. 

Se proprio non riusciamo a liberarci della fobia di terminare i rotoloni, ci basti pensare che per milioni di anni l’umanità ne ha fatto a meno, visto che si tratta di una invenzione piuttosto recente, comparsa nel mondo occidentale solo a metà dell’Ottocento, quando il newyorkese Joseph C. Gayetty (che impresse il suo nome su ogni ritaglio, forse non soffermandosi su dove esso si sarebbe poggiato) mise in commercio la carta igienica, presentandola come una rivoluzione che avrebbe migliorato la vita e la salute degli americani. In Italia essa fu considerata un bene di lusso fino alla seconda metà del Novecento e pure oltre. Prima di allora si provvedeva alla pulizia intima con pezzi di giornali, o di stoffe vecchie, o foglie, addirittura sassi. Gli egizi ricorrevano persino alla sabbia arricchita con oli profumati. 

Ma la patria della carta igienica è proprio la Cina, dove nacque nel XIV secolo, quella Cina da cui è partita a cavallo tra il 2019 e il 2020 la pandemia che ci fa tremare e impallidire all’idea di poter restare sforniti di ciò che siamo soliti gettare in abbondanza nel wc. 

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Articolo pubblicato su Libero il 26 marzo 2020

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