Se c’è una cosa che il coronavirus ci ha mostrato con chiarezza è il relativismo delle bufale: ciò che oggi è considerato falso domani può rivelarsi vero. Politici progressisti, virologi, epidemiologi non hanno fatto che ripeterci per mesi “è impossibile che il virus arrivi in Italia”, e poi esso è giunto decimando nel giro di poco più di un mese oltre 15 mila vite.

Ci hanno esortato a distribuire baci ed abbracci, ad uscire di casa per dedicarci a cene ed aperitivi con amici e sconosciuti, a divorare involtini primavera, a coccolare e fotografarci con i cinesi appena atterrati in Italia da Wuhan, salvo poi, il giorno successivo, spingerci a rinchiuderci tra le mura domestiche facendo del distanziamento sociale il nostro nuovo life-style.

Gli stessi “esperti” hanno sostenuto che la mascherina, diventata oggi obbligatoria poiché dimostratasi indispensabile dispositivo di protezione individuale, fosse del tutto inutile. Ci avevano garantito che il virus sarebbe scomparso con l’afa, ora invece, sulla scia di quanto sta avvenendo nei Paesi caldi dove la pestilenza incede senza incontrare ostacoli, gli scienziati hanno cambiato idea.

Definivano la malattia da Covid-19 “poco più di una banale influenza”, urlavano che fosse “più letale e perniciosa l’influenza stagionale”, attaccando i colleghi che osassero proclamare il contrario. Insomma, le chiamavano “bufale”, “pericolose menzogne”, “informazioni mendaci”, puntando il dito contro chiunque offrisse un punto di vista, un parere, una notizia discrepanti, invece i mentecatti erano proprio loro e le balle ciò che essi professavano.

Ecco perché fa venire i brividi apprendere della istituzione, presso Palazzo Chigi, di una task force, voluta dal sottosegretario dem con delega all’Editoria Andrea Martella, la quale si occuperà di contrasto alle fake news relative al coronavirus sul web e sui social network.

Quindi, i progressisti che non ne hanno azzeccata una sola sul Covid-19 adesso hanno la faccia tanto tosta da creare un organo anti-panzane. Quest’ultimo sarà composta da giornalisti tutti pendenti rigorosamente a sinistra, proprio quella sinistra che riteneva che il virus made in China non avrebbe mai e poi mai oltrepassato le nostre frontiere, quasi che ne fossimo immuni, e da professori a contratto (uno solo di ruolo).

Martella li descrive tutti “esperti che si sono messi a disposizione del Paese”, dato che le bufale costituiscono una “insidia che ostacola la lotta al virus”. Si tratta dei giornalisti Riccardo Luna, Francesco Piccinini, David Puente e Giovanni Zagni, poi Ruben Razzante, docente a contratto di diritto della informazione, Roberta Villa, medico, Luisa Verdoliva, l’unica docente di ruolo del team, la quale insegna elaborazione dei segnali multimediali (per fortuna, non dei segnali provenienti dallo spazio), infine Fabiana Zollo, ricercatrice sui flussi informativi online.

Cosa diavolo renda questi individui “esperti” di verità scientifiche tanto da certificarle con il loro bollino che ne attesti la qualità non si capisce. Da dove derivi la loro presunta autorevolezza in materia, neppure. Fatto sta che questo club di sacerdoti del vero stabiliranno cosa sia autentico e cosa invece sia falso, cosa si possa affermare e cosa non possa essere affermato, quali informazioni meritino la diffusione e quali, di contro, la censura, in quanto stimate quali frottole.

La scienza non è univoca, sebbene da essa ci si aspetti che lo sia, ossia che pervenga ad esiti indiscutibili e assoluti. Poniamo un esempio. Qualche giorno fa alcuni giornalisti e virologi si sono affrettati a rendere noto che il Covid-19 non è uscito da un laboratorio. Eppure altri validi scienziati ritengono che esso potrebbe essere stato manipolato dall’essere umano e hanno condotto indagini dettagliate al riguardo.

Può un team di giornalisti e di docenti senza nessuna competenza in questo campo bocciare una o l’altra teoria scientifica? Insomma, la nostra task force contro le bufale con quale diritto potrebbe sostenere una o l’altra conclusione? Essa è legittimata ad operare codesta scrematura, filtrando il vero dal falso e viceversa?

A noi sembra che la commissione di Martella non sia altro che un organo politico, di ispirazione fortemente ideologica, il quale non giova affatto alla ricerca della verità bensì alla sua soppressione. E per riuscirci Martella chiede aiuto ai comuni cittadini, i quali dovrebbero segnalare agli esperti le bufale. Già questo è un cortocircuito, una terribile contraddizione. Scrive su Twitter il sottosegretario: “la struttura avrà vari compiti e obiettivi, tra cui il coinvolgimento di cittadini e utenti social per rafforzare la rete di individuazione” delle menzogne.

I giornalisti che renderanno conto agli italiani di indagini, studi, ricerche, che pervengono a risultati dissimili rispetto a quelli accettati dai membri della task forse saranno accusati di essere dei megafoni di frottole? È forse una maniera per screditarli, per infamare chi la pensa diversamente, imponendo la propria verità?

Se questa commissione fosse stata attiva un mese o due mesi fa, noi di Libero saremmo stati tacciati di essere dei produttori di bufale, dal momento che ritenevamo concreto il rischio che l’epidemia ci coinvolgesse, utile la mascherina, necessario imporre la quarantena a chiunque giungesse dalle aree interessate dal contagio. Ma allora andavano di moda opposte verità.

Articolo pubblicato su Libero il 6 aprile del 2020

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