Il Partito democratico elude il confronto faccia a faccia con l’ipotetico elettorato da quasi due anni, ovvero non scende in piazza dal lontano settembre del 2018. La piazza, del resto, per i progressisti è così poco elegante e così tanto fascista: lì si suda, l’ascella diventa pezzata, si sta gomito a gomito. Più adatta alla plebe che all’élite radical-chic, abituata a viaggiare in monopattino dall’attico all’ufficio e in suv dalla metropoli alla Costa Azzurra.

La campagna elettorale è una cosa sporca, occorre andarsene in giro, incontrare gente, esplorare periferie, stringere mani, parlare, rispondere a domande (che potrebbero essere oggi scomode come non mai), quindi la genialata della sinistra, in vista delle elezioni regionali, è appaltare tali oneri alle sardine, che sono giovani e fresche e in passato sono state in grado di riempire gli spazi aperti.

Si dovevano ritirare già a fine gennaio, dopo la campagna elettorale in Emilia Romagna, poi avevano annunciato il ritiro a fine maggio dichiarando: “Ci prendiamo una pausa di riflessione”, invece eccole ancora lì le alici in scatola, braccio armato (ma non temibile) del pd contro il leader della Lega. La riflessione è durata poco. E non ci stupiamo…

Ci divertiranno ancora Mattia Santori ed i suoi amici, dunque, con le loro gaffe, contraddizioni, incoerenze, con i loro scivoloni, discorsi inconcludenti e privi di senso logico tenuti in diretta televisiva. Bene bene. E assisteremo nuovamente a quella operazione stramba a cui si sono dedicati alcuni quotidiani italiani, tesa ad elevare al ruolo di novelli eroi questi zuzzurelloni che affermano di volere ripulire il linguaggio della politica dall’odio e intanto augurano la morte a Matteo Salvini.

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