Inneggiare all’odio contro i bianchi nel cuore dell’Occidente arreca fior di quattrini oltre a popolarità e successo. Così il rapper parigino di origine africana Nick Conrad, emerso nel panorama musicale mediante testi in cui esorta il suo pubblico a compiere atroci atti di sopraffazione contro la gente dalla pigmentazione chiara, ha deciso di lanciare il suo nuovo singolo, “Fotto la Francia fino all’agonia”, attraverso un video-clip in cui egli stesso strangola una donna bianca e poi, avendola finita, come se nulla fosse salta in macchina e se ne va cantando.

Se il protagonista del filmato fosse un uomo non di colore e la vittima fosse nera, ci saremmo già tutti scandalizzati e inginocchiati in diretta televisiva in segno di solidarietà nei confronti delle comunità black di tutto il pianeta. Ma l’istigazione all’utilizzo della forza brutta, al razzismo e anche alla violenza sulle donne non suscita scalpore e raccapriccio se a rendersene autori sono persone colorate.

Già nel 2018 il rapper francese, allora perfetto sconosciuto che si guadagnava da vivere come addetto all’accoglienza in un albergo, era assurto agli onori della cronaca per un’altra canzone dai contenuti agghiaccianti, “Impiccate i bianchi”. In quel caso Conrad spingeva i suoi ascoltatori a trucidare addirittura i bambini, ovviamente di carnagione chiara. “Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi, acchiappateli e poi appendente i loro genitori. Nessuna pietà, muoiano tutti insieme, dai l’esempio, torturali in gruppo”, intonava il ritornello. E nel video-clip, in cui un tizio veniva sparato alla schiena, sequestrato e poi impiccato, veniva specificato: “Questo è solo l’inizio”.

Tuttavia, allorché lo accusano di razzismo, Conrad fa spallucce. Il suo è “orgoglio nero”, specifica, peccato che poi si traduca nell’invito generale a sterminare i bianchi. E si difende ciarlando di “libertà di espressione artistica”, la quale – evidentemente –, secondo il cantante, include il diritto di induzione all’omicidio.

Proprio tra il 2018 e il 2019 Nick ha rischiato persino 5 anni di carcere per istigazione all’odio razziale e poi se l’è cavata con una carezza, ossia una multa da 5 mila euro, eppure non sembra avere imparato la lezione, considerato che adesso se la prende con le signorinelle pallide, non soddisfatto di avere preso di mira due anni prima gli infanti. Del resto è noto che soltanto un tipo di ferocia viene collettivamente censurata e deplorata, quella nei confronti di extracomunitari e individui dalla pelle bruna. E il rapper risulta esserne ben consapevole: chi propone di scagliarsi contro i bianchi è ritenuto una sorta di eroe, mica un delinquente.

Veicolare codesti pericolosi messaggi per mezzo di un genere musicale peraltro molto amato da adolescenti e giovani in generale rappresenta un vero e proprio crimine, tanto più allorché lo si fa in quella Francia da anni dilaniata da attentati terroristici di matrice islamica che hanno determinato centinaia di morti, dove le violenze nei confronti degli autoctoni sono quotidiane tanto da non fare più notizia e dove le ragazze che indossano la minigonna vengono assalite e picchiate per strada poiché non si piegano alla morale dei nostri ospiti, la quale impone che il gentil sesso possa uscire di casa soltanto se coperto da cima a fondo.

Gli occidentali in gelatina, tuttavia, porgono l’altra guancia, offrono volentieri il fianco e sventolano bandiera bianca, mossi da uno strano senso di colpa oltre che da una buona dose di vigliaccheria unita al conformismo. Tale atteggiamento viene definito “rispettoso” verso coloro che abbiamo accolto, e poco conta che questi ultimi non ci usino lo stesso riguardo. Il fanatismo morale imperante oggigiorno pretende che il razzismo ai danni dei bianchi sia lecito, e se non lecito quantomeno ammissibile. In fondo, così si dice, ce lo siamo meritato.

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