Manca uno zero alla cifra che costituirebbe l’ammontare del riscatto versato per riportare Silvia Romano a casa. Si dice che lo Stato abbia sborsato 4 milioni di euro, ma – stando a quanto ci rivelano agenti dei nostri servizi – sarebbero ben 40 i milioni che abbiamo elargito al fine di liberare la milanese da una prigionia che lei stessa nega di avere subito. L’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterne) in questa operazione non è stata in prima linea, bensì ha agito in funzione di supporto, poiché sono stati i servizi turchi e quelli somali, che non hanno arrestato nessuno dei responsabili, a trattare e farsi consegnare l’ostaggio.
I 40 milioni sarebbero appunto stati divisi tra turchi e somali i quali a loro volta hanno pagato i sequestratori. Ma perché Silvia è saltata fuori proprio ora? Perché le trattative sono andate in porto adesso e non prima? E la scelta del giorno della festa della mamma per ricongiungere madre e figlia dopo 18 mesi è una casualità?
È una anomalia tutta italiana che il nostro presidente del Consiglio seguiti a mantenere la delega ai servizi segreti e senza dubbio – bisogna riconoscerlo – Giuseppe Conte ha dei “meriti” in questa faccenda. Ed egli stesso ha voluto intestarsi il risultato mediante post sui social network e attendendo Romano in aeroporto. Avrebbe dovuto giovarne l’immagine del premier, il quale ci tiene particolarmente ad apparire e proporsi quale salvatore dell’Italia e dei suoi cittadini, se non addirittura del globo, (“avvocato del popolo” era troppo riduttivo), tuttavia egli non ne esce affatto brillantemente.
In un periodo di crisi senza precedenti, in cui sono saltati 500 mila posti di lavoro, e le imprese chiudono e serpeggiano miseria e disperazione, regalare a spietati criminali 40 milioni per fare rincasare una italiana, la quale radiosa ci racconta che dove stava se la passava alla grande e che i suoi aguzzini erano dolcissimi e che la loro religione, che ci definisce “infedeli”, è più giusta della nostra, più che un successo è un fallimento col botto.
A noi sembra che questa classe politica, attualmente e non ancora a lungo al governo, con troppa facilità utilizzi il denaro pubblico per scopi che poca attinenza hanno con il bene della collettività, almeno quella italiana. Di recente è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex bibitaro, a donare 50 milioni di euro alla Tunisia, nazione che continua a consentire ai tunisini di raggiungere clandestinamente l’Italia proprio dalle sue coste. Ma Gigino si è rivelato generoso anche con la Cina, a cui ha inviato tonnellate di mascherine pur essendo a conoscenza che lo stivale si trovava in emergenza sanitaria dichiarata fino a fine luglio.
Specifichiamo peraltro che la Cina è responsabile della diffusione del virus da Wuhan al resto del mondo, non avendo informato tempestivamente il sistema internazionale di ciò di cui era consapevole: altissima trasmissibilità del Covid-19 da uomo a uomo e relativa pericolosità. Insomma, l’Italia finanzia i terroristi islamici e premia altresì chi ci condanna alla rovina sanitaria ed economica. Basterebbe questo per delegittimare Conte e Di Maio che domenica se ne stavano felici in aeroporto per accogliere come fosse una eroina ed abbracciare l’islamica Silvia, le cui imprudenze ci sono costate la bellezza di 40 milioni di euro. C’è poco da festeggiare e di cui essere orgogliosi: l’Italia ha perso, questa è la vittoria di Erdogan e anche di Al-Shabaab.
Aisha, così vuole essere chiamata ora la fanciulla, la quale come Giulietta ha “rinnegato il padre”, ossia la patria, “e pure il nome”, non è scesa dall’aereo che l’ha ricondotta nel Belpaese sventolando la bandiera italiana e ringraziando la sua terra natia. Macché. L’unica cosa che sventolava erano le sue vesti islamiche che la coprivano da cima a fondo e che ella non ha voluto in alcun modo togliersi, specificando questo ferreo proponimento non appena è giunta presso la nostra ambasciata in Somalia.
Va da sé che non sussiste alcun valido motivo per perquisire un ostaggio appena tratto in salvo (peraltro una donna islamica non si fa mettere le mani addosso e si è più restii nel perlustrarla), quindi noi ignoriamo se Silvia sotto quei metri e metri di stoffa abbia nascosto qualche strumento che possa agevolarle le comunicazioni con i suoi cortesi sequestratori, ai quali appare addirittura affezionata e che difende, in preda a quella che si conferma essere a tutti gli effetti una “sindrome di Stoccolma”.
“Mi hanno sempre trattata con grande umanità”, puntualizza la giovane. Resta perplesso l’ascoltatore, il quale non può fare a meno di chiedersi cosa ci sia di umano in una banda che con la violenza ti rapisce, ti punta armi addosso, ti tiene lontana dai tuoi intimi affetti per quasi due anni, sradicandoti dalla tua esistenza, privandoti di tutto, persino della tua identità, oltre che dei tuoi più elementari diritti.
Silvia è tornata, ma il suo spirito rimane incatenato laggiù, probabilmente insieme al suo cuore. E non è escluso, semmai è altamente probabile, che ella possa partire presto per raggiungere i luoghi cari della sua detenzione e coloro che l’hanno schiavizzata ma sempre “con grande umanità”. Aisha infatti dichiara: “Voglio stare per un po’ con la mia famiglia”. Per un po’.
Durante la prigionia Romano si è convinta che, abbracciando l’islam, avrebbe potuto salvarsi la pelle. E lo ha fatto. Tuttavia, ora questa farsa dovrebbe terminare, invece non termina. E non sembra più un escamotage per non morire, bensì un convincimento profondo e radicale, frutto di un assiduo e ben eseguito lavaggio del cervello.
La fanciulla sarà sicuramente monitorata. La procura di Roma intanto ha aperto un fascicolo poiché ci sono troppe zone d’ombra e la magistratura intende fare luce. Aisha, nome della moglie prediletta di Maometto, ha lasciato un compagno in Africa? E chi è costui? Sono vere le voci che la davano sposata con uno dei suoi rapitori?
Pd e M5s si sono giocati una carta perdente per acquistare credibilità in un momento in cui la stanno consumando. Un ritorno di immagine da 40 milioni di euro, che ci ha mostrato soltanto una cosa: gli italiani in patria non valgono nulla, ma all’estero qualcosa valgono. Sia per i terroristi che per chi ci governa.
Prepariamoci ad altri sequestri di concittadini. Del resto, sono affari che, a quanto pare, rendono parecchio.
Articolo pubblicato su Libero il 12 maggio del 2020