Era da poco passata la mezzanotte tra venerdì e sabato, quando a Porto Marghera, in provincia di Venezia, un urlo straziante di donna ha squarciato il silenzio e ferito l’aria raggelando il sangue nelle vene a chi lo ha udito. Il grido si è unito al lamentoso suono di ferraglia di un convoglio regionale che improvvisamente arrestava la sua corsa verso la stazione di Verona. Lungo la massicciata ferroviaria se ne stava una giovane sotto choc, con gli occhi sbarrati in direzione delle rotaie, paralizzata dal terrore, il volto come calcificato in una smorfia di disperazione.

È accaduto tutto nella frazione di un attimo, purtroppo fatale, uno di quelli che cambiano il corso di una intera esistenza, o anche di molte esistenze tutte insieme inducendoci a riflettere su quanto il tempo sia relativo. Il fidanzato della ragazza, nel tentativo di salvare uno dei loro tre cani, sfuggito al controllo della coppia, di nazionalità spagnola, ha attraversato i binari confidando sul fatto che sarebbe di certo riuscito a proteggere il suo quattrozampe ed essere più veloce del treno che avanzava sicuro, come se nulla e nessuno potessero ostacolarne mai il percorso. Invece no. Il mezzo ha travolto sia il trentatreenne che il cucciolo, i cui corpi sono finiti in quella sorta di tritacarne costituito da ruote e rotaie.

Per recuperare le salme sono state necessarie alcune ore e la circolazione ferroviaria è ripresa soltanto dopo le 3. Sul treno viaggiavano 60 passeggeri che non dimenticheranno mai più questa terribile nottata di giugno, in cui una serie di fatalità perfettamente concatenate ha dato luogo ad una tragedia. È morto così il giovane spagnolo, mentre progettava il domani e rideva e si godeva una notte di quasi estate, che gli sembrava così tenera, accanto alla sua amata. Neppure il tempo di congedarsi, di dirsi addio, di prepararsi quantomeno mentalmente alla perdita di chi amiamo. Neanche un mese fa, ossia la sera del 26 maggio scorso, a Vigevano, Pavia, un uomo di 54 anni, mentre cercava di porre il guinzaglio al suo cagnolino, è scivolato in un fosso annegando nel naviglio.

E ancora un mese prima, sempre nella provincia di Pavia, a Valeggio, era toccato a una trentacinquenne di origini russe, Polina Kochelenko, istruttrice cinofila. Durante una passeggiata Polina è scivolata in un canale di irrigazione, probabilmente sbattendo la testa. Ella stava tentando di mettere in salvo uno dei suoi sei cani. E poi c’è il romeno di 42 anni che lo scorso agosto è affogato nelle acque del Po, a Piacenza: aveva visto che fido era in difficoltà e senza esitare si era tuffato nel fiume per recuperarlo. La bestiola, grazie all’intervento del suo custode, riuscì a raggiungere la riva. Qualche mese prima, in provincia di Perugia, un settantenne era morto fulminato mentre provava a tirare fuori da un torrente i suoi tre cani, deceduti pure questi.

Insomma, episodi di tale genere, purtroppo, non sono rari.

Ma non siamo solo noi umani a dare talvolta la vita per il nostro amico peloso, accade più spesso che siano proprio gli animali a sacrificarsi per noi. Di recente, ad esempio, ha commosso miliardi di persone in tutto il mondo la storia di Arthur, micio eroico che in Australia ha combattuto contro un pericoloso serpente per preservare i due bimbi di famiglia che giocavano in giardino. Il felino si è avventato sulla minaccia intenzionato a fare da scudo ai bambini e, in effetti, dopo una lunga lotta ha avuto la meglio sul serpente, però, pochi minuti dopo, è collassato, stroncato dal veleno altamente tossico.

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