“La nostra forza e la differenza con gli altri partiti consistono nella democrazia diretta, che solo il M5s ha nel suo dna. Basta decisioni prese nelle stanze dei bottoni. La Rete è una grande opportunità che rende più trasparente e democratica la gestione della cosa pubblica”, si legge sul blog delle stelle. Ed in questi anni i pentastellati non hanno fatto altro che tessere lodi nei confronti del loro metodo che vuole coinvolgere i cittadini cosiddetti “digitali” nelle scelte politiche, determinanti e non, mediante votazioni che vengono indette e si tengono sul web. In un intervento concesso per magnanimità al Washington Post, qualche anno fa Davide Casaleggio, erede nonché monarca assoluto del M5s, spiegava che la democrazia diretta è destinata a sovvertire quella tradizionale proprio grazie all’esistenza del web, che creando mobilità dal basso consente ai cittadini di votare standosene beatamente a casa in panciolle. Non vi è dubbio che ad una maggiore partecipazione corrisponda una più forte democrazia. Tuttavia, quella promossa ed esaltata da Casaleggio assomiglia ad una democrazia diretta sì, ma mica dagli italiani! A dirigerla è proprio Davide (chiamalo scemo!), fondatore (insieme a suo padre Gianroberto), presidente e tesoriere dell’Associazione Rousseau a cui sono tenuti a rispondere gli eletti, che per statuto sono obbligati – pena l’espulsione – a versare una tassa di 300 euro mensili (che assomiglia di più ad una tangente legittimata) all’associazione stessa per un totale di diversi milioni di euro a legislatura. È l’informatico Davide che gestisce altresì la piattaforma su cui avvengono tutte le votazioni promosse dai cinquestelle, stabilisce la formulazione dei quesiti, certifica le liste, verifica l’idoneità degli aspiranti candidati e li seleziona. È Davide che riceve e conta i voti e cura il dietro le quinte. Insomma, fa tutto Casaleggio junior, su cui eletti ed attivisti ripongono – evidentemente – indiscussa fiducia, quasi non fosse neanche un essere umano, bensì avesse connotati divini. Sostenere che codesta democrazia gialla faccia acqua da tutti i pori e sia perciò una gran bella fregatura è un eufemismo. È chiaro che sussiste un clamoroso conflitto di interessi, che tuttavia non sembra scandalizzare coloro che negli ultimi lustri non hanno fatto altro che scagliarsi contro Silvio Berlusconi in quanto incarnazione del conflitto di interessi puro. Insomma, i pentastellati sono eccellenti nel predicare almeno quanto si sono rivelati eccellenti nel razzolare male. Dettano la morale che essi stessi trasgrediscono. E sempre per lo stesso motivo: opportunismo politico. Il movimento, come ogni altro partito vivente, o anche moribondo, mira all’acquisizione e alla conservazione del potere, che detto papale papale significa che ai grillini preme soltanto una cosa: mantenere il più possibile i sederi sulle poltrone (e non di casa loro). Ciò che interessa pure a Davide, il quale sa bene che, se si andasse adesso alle elezioni anticipate, il Movimento perderebbe seggi al Senato e alla Camera ed egli stesso dunque introiti economici. Dunque, i cinquestelle sono disposti a tutto pur di scongiurare codesta eventualità, persino a rimangiarsi ciò che hanno ripetuto per un decennio, ossia che mai avrebbero fatto accordi con quelli del Pd, considerati i “salvatori delle banche” a danno dei risparmiatori, i politici “falliti” che hanno mandato alla rovina l’Italia, come li definiva Luigi Di Maio fino a qualche settimana fa.
La possibilità di stringere un’alleanza con i democratici è così urgente che non è stata sottoposta neanche al voto sulla piattaforma Rousseau, dove si suffraga su tutto lo scibile umano, su questioni serie come di lana caprina, per un totale di 1 milione e 500 mila preferenze. Ora, guarda caso, a Casaleggio & Co. non importa un fico secco di ciò che vuole la decantata “cittadinanza digitale”. Anche loro decidono nelle stanze dei bottoni, a porte sigillate, così tanto che non trapela nulla, in barba a ciò che hanno sempre proclamato. Il pericolo che gli attivisti boccino un matrimonio di convenienza con il partito di Renzi, del resto, è più che concreto. Allorché verranno mossi rimproveri dalla base e questo sodalizio mostrerà i suoi limiti fallendo miseramente nel giro di qualche mese, i pentastellati potranno dare la colpa a Salvini ed affermare: “Il tempo per fare le votazioni sulla rete non c’era, è stato Matteo a fare la crisi in pieno agosto, era necessario trovare subito una soluzione. Non ci restava altra scelta”. Di scuse in tasca i grillini ne hanno tante, anzi troppe. Ed hanno sempre funzionato. Ma ora potrebbero non reggere più.
Apparivano quali politici illuminati (non a noi), capaci di una visione di lungo periodo, invece essi si sono dimostrati non in grado di guardare oltre il proprio naso. Hanno adottato il “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. E si disintegreranno come asteroidi.
Articolo pubblicato su Libero del 27 agosto 2019