di Fabrizio Maria Barbuto
Era lo scorso ottobre quando, alla presentazione del film Long Shot, Charlize Theron spiazzò il mondo intero con una dichiarazione che mai ci si sarebbe aspettati di sentir pronunciare da una donna della sua avvenenza: «Sono single da 10 anni, non è un azzardo corteggiarmi. Sto solo aspettando che qualcuno prenda un po’ di coraggio, si faccia avanti e mi chieda di uscire. Sono estremamente disponibile e lo sto dicendo in maniera chiara».
L’esplicito invito al corteggiamento rimbalzò su tutti i tabloid, ma i lettori, anziché soffermarsi sul fenomeno di cui quelle parole rendevano testimonianza, indugiarono su colei che le aveva pronunciate: com’è possibile che una delle più belle donne al mondo implori la presenza di un uomo al suo fianco, esortando gli ipotetici candidati a non lasciarsi intimorire da lei?
Parecchi uomini sono spaventati dalle belle donne, ed il loro timore, nei casi più estremi, si volge in una vera e propria patologia: “venustrafobia”. A soffrirne sono soprattutto i maschi di giovane età, ovvero coloro che non abbiano ancora acquisito piena consapevolezza e fiducia nelle proprie risorse, ma non è escluso che il disturbo lambisca anche gli uomini più maturi, soprattutto quando essi si lasciano alle spalle esperienze di rifiuti reiterati da parte dell’altro sesso.
La venustrafobia induce l’indisposto a sentirsi ridicolizzato accanto ad una bella donna, quasi come se non fosse all’altezza di starle accanto senza suscitare l’ilarità di quanti, vedendoli assieme, opererebbero un severo confronto a suo svantaggio. Ma ancor prima del giudizio sociale, il fobico teme soprattutto quello della fanciulla stessa, la quale potrebbe farsi beffe di lui nel vederlo animato dall’aspettativa di conquistarla e dall’“assurda” pretesa di corrispondere ai suoi standard.
Questa patologia non passa affatto in sordina, anzi si presenta attraverso sensazioni tipiche del disturbo fobico che, a tradimento, rivelano il disagio del malato: ansia, tachicardia, sudorazione, balbuzie, attacchi di panico, difficoltà respiratorie, pensieri di morte.
Insomma, ce n’è abbastanza per scegliere di ricorrere alla strategia dell’evitamento: non sono pochi coloro che, distinti da venustrafobia, si precludono la possibilità di relazionarsi con l’altro sesso, cosicché esso non costituisca una “minaccia”. Un’alternativa altrettanto gettonata è quella di circondarsi di donne ritenute poco attraenti, di modo che la loro compagnia si renda utile a veicolare sensazioni di confortante tranquillità.
Tiziana Corteccioni – medico psichiatra e psicoterapeuta – afferma: «La venustrafobia è la paura ingiustificata delle donne attraenti. A caderne preda sono soprattutto i giovani dalla bassa autostima, i quali, onde evitare un rifiuto che amplifichi il loro senso di inadeguatezza, scelgono di evitare il contatto e le relazioni con l’altro sesso, soprattutto quando a rappresentarlo è una donna di bell’aspetto. Il corpo dell’indisposto, alla vista della fanciulla, mette in moto dei meccanismi che si rendono espressione di un evidente disagio: palpitazioni, dolore al petto, sudorazione, debolezza, tremori, vampate di calore, attacchi di panico. Il trattamento che suggerisco è quello cognitivo comportamentale congiuntamente alla farmacoterapia. Anche la terapia di gruppo, in questi casi, può rivelarsi risolutiva, intervenendo sulla difficoltà dell’indisposto a relazionarsi socialmente».
Fabrizio Maria Barbuto