In politica siamo passati dalla rottamazione dei tempi di Matteo Renzi, che ne fu il promotore, al riciclaggio. Ad essere convertite e riutilizzate nella carriera istituzionale sono notorietà ed influenza soggettive acquisite in altri ambiti ed in circostanze drammatiche che hanno coinvolto terzi. “Mors tua fortuna mia”.

Il meccanismo che porta un individuo che non ha mai militato in alcun partito e non si è mai interessato alla cosa pubblica a scoprire all’improvviso nel suo animo una fervente vocazione alla tutela dell’interesse dei cittadini è piuttosto bizzarro. Per comprenderlo è bene fare qualche esempio.

L’ex ufficiale di Marina Gregorio De Falco, ripescato (restando nel campo semantico) nel collegio plurinominale di Livorno ed eletto senatore per il Movimento 5 Stelle il 4 marzo del 2018, non si era mai dedicato alla politica. A renderlo popolare fu una esclamazione: “Vada a bordo, cazzo!”.

Tale frase fu pronunciata dal comandante De Falco la sera del 13 gennaio del 2012, quando la nave da crociera Costa Concordia, comandata da Francesco Schettino, destinatario dell’ordine, urtò uno scoglio davanti all’Isola del Giglio e fu sommersa parzialmente dalle acque. Una tragedia, rimasta incisa nella memoria di ciascuno di noi, che costò la vita a 32 persone.

A De Falco, invece, la vita l’ha cambiata. Il 18 gennaio del 2012 il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Mario Ciaccia propose l’ufficiale per l’encomio solenne poiché si era distinto per l’impegno profuso. Del resto, deve essere proprio difficile fare gli eroi dall’asciutta e calda sala operativa della Guardia costiera, urlando con la giusta intonazione: “Vada a bordo, cazzo!”. De Falco lo fece davvero bene. Così bene che oggi è senatore.

Sembrava volesse seguire le sue orme (e non è escluso che lo faccia) Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ragazzo massacrato di botte da coloro che lo avevano preso in custodia e che avevano il compito ed il dovere di tutelarlo. Un giovane a cui, drogato o meno, non sarebbe dovuto essere torto neanche un capello. Comprendiamo il dolore di questa famiglia, divorata dalla rabbia che esplode nell’animo di chi ha subito un torto purtroppo irreparabile: l’uccisione di una persona amata.

Ciò che invece ci appare incomprensibile è come l’esperienza maturata in questi anni da Ilaria, amministratrice di condominio alle prese con i problemi relativi alla manutenzione dell’ascensore e con le discussioni tra vicini di casa, possa averla resa addirittura capace di risollevare le sorti di una metropoli “babilonese” quale è la capitale. Nella primavera del 2016, intervistata dall’Espresso, aveva dichiarato: “Ultimamente diverse persone mi hanno chiesto di impegnarmi fattivamente, fino addirittura a chiedermi di candidarmi a sindaco di Roma. La cosa mi ha fatto sorridere ma poi ci ho riflettuto e mi sono chiesta: a prescindere dalle competenze politiche, che cosa potrebbe convincermi ad accettare questa sfida? Avere una squadra di persone vicino a me che mi potessero aiutare a realizzare l’unico, vero, reale cambiamento di cui Roma ha bisogno”.

Del resto, Ilaria aveva già tentato di entrare nell’agone nel 2013, quando si candidò con Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia alla Camera, ma non fu eletta.

Ilaria in questi giorni è tornata a fare parlare di sé in seguito alle sue dichiarazioni in merito allo scandalo che ha coinvolto alcuni carabinieri di Piacenza, accusati di traffico di droga, estorsioni e tortura. Ella ha affermato: “Basta parlare di singole mele marce. Il problema è nel sistema”, gettando in tal modo discredito sull’Arma.

Sembra che oggi, nell’era dei social network e dei programmi politici cinguettati su Twitter come fossero slogan pubblicitari, ciò che conti per varcare la soglia delle istituzioni e mettersi al servizio della cittadinanza sia quel poco di notorietà atta a portare voti, soprattutto ai partiti in decadenza, quelli a rischio estinzione, che cercano di sopravvivere ricorrendo anche al riciclaggio di popolarità. Esperienza e gavetta non servono ad un bel niente.

Ilaria Cucchi, intervistata da radio Capital, tre anni fa assicurò di non intenzione di candidarsi a sindaco, aggiungendo infine: “Che cosa farò del mio futuro non lo so”. “Sarà quel che sarà”… Non è affatto escluso che un domani non lontano troveremo Ilaria su una poltrona istituzionale.

Dopotutto, sono le regole della democrazia: ognuno è libero di darsi alla politica compiendo voli pindarici. Lo hanno fatto persino Ilona Staller, in arte Cicciolina, e Luigi Di Maio.

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