Ogni giorno assistiamo inermi, da un lato, a sbarchi e, dall’altro, a fughe di clandestini dai centri di accoglienza, i quali, nonostante l’obbligo di quarantena e talvolta la positività certificata al coronavirus, se ne vanno in giro per la penisola, diventando pericolosi veicoli di infezione.
Oggi è accaduto a Brindisi, nei giorni precedenti a Messina, Taranto, Agrigento. Se la danno a gambe levate dopo avere innescato violenti disordini e mandato a quel paese la polizia che cerca invano di contenerli, subendo per questo pesanti aggressioni, verbali e fisiche. Insomma, il governo se la prende con chi fa l’aperitivo o manifesta in piazza, eppure lascia che individui infetti diffondano il virus in lungo e in largo. Qualcosa qui non quadra.
Ciò che emerge dai racconti degli operatori che lavorano all’interno dei centri di accoglienza e dei poliziotti che presidiano questi luoghi è la totale strafottenza dei nostri ospiti, che si dimostrano tutt’altro che civili. Non hanno intenzione di rispettare alcuna regola e credono di potere fare tutto ciò che vogliono, anche picchiare gli agenti per poi scappare, beccandosi una semplice denuncia a piede libero. Tutto questo non promette nulla di buono. Di certo escluda la possibilità di una integrazione, quantunque futura.
Ma dove vanno i clandestini? Già prima di giungere in Italia è probabile che fossero in contatto con parenti o organizzazioni criminali che li reclutano e li sfruttano poi per attività di spaccio e non solo. Del resto, arrivano muniti di telefonini e contatti. Insomma, stiamo alimentando da lustri un sistema criminale i cui rigurgiti ci travolgeranno presto.