La posizione del leader della Lega Matteo Salvini è chiara e netta: “Il Green pass alla francese? Sarebbe un casino totale”. Del resto, se la funzione del lasciapassare verde è quella di essere, come qualcuno ha scritto, un “obbligo vaccinale soft” (sic) e spingere i cittadini, anche quelli giovanissimi, a vaccinarsi allo scopo di godere di libertà che già appartengono loro e di cui non possono essere spogliati, è evidente che il carattere liberticida di codesta misura assume una connotazione ancora più preoccupante nonché illegittima. Anche perché, come fa notare il capo del Carroccio, “I dati dicono che l’85% dei deceduti ha più di 70 anni. E sotto i 60 il tasso di mortalità è inferiore all’1%. Quindi, non se ne parla di imporre obblighi, specialmente ai più giovani. Dall’inizio della pandemia i morti tra i 10 e i 29 anni sono stati lo 0,1%”.

Impedire a chi non si vaccina di salire su un treno o un autobus, di sedere al ristorante al chiuso o al bar, ci fa balzare improvvisamente indietro di decenni e ci riporta alle pagine più buie della nostra storia, quando era considerato “normale” che categorie di cittadini venissero discriminati, isolati, emarginati, ghettizzati. Nessuna epidemia può condurci a rinunciare alla civiltà.

Siamo contenti che Salvini, il quale da prima che questo esecutivo venisse instaurato ha sempre appoggiato Draghi qualsiasi cosa questi facesse, persino allorché l’ex presidente della BCE lo rimbeccava, (famosa a questo proposito l’espressione “Draghi ha sempre ragione”), abbia tirato fuori questo coraggio di opporsi ad un provvedimento che per la maggioranza di cui la Lega fa parte risulta essere indispensabile.

Ci aspettiamo a questo punto che, nel caso in cui il Green pass sul modello francese, quantunque mitigato, venisse introdotto in Italia (decisione che entro la fine della settimana se non addirittura oggi verrà assunta), la Lega abbandoni il governo dei migliori (migliori non si sa rispetto a chi, forse rispetto ai pessimi). Si tratta di coerenza.

Inoltre, quando sono in gioco i nostri diritti costituzionali, non ci si può ammorbidire, non si può cedere, non si può fare finta di niente, non si può essere amici come prima e più di prima, non si può chiudere un occhio, magari “per il bene del Paese”, come i politici sono soliti raccontare quando compiono azioni di cui si dovrebbero soltanto vergognare. Dopotutto il governo gialloverde nel luglio del 2019 entrò in crisi e poi crollò per molto meno. Anzi, ancora non è neppure chiarita la motivazione effettiva e determinante. Sappiamo che gli attacchi tra Lega e M5s erano quotidiani, che il clima era avvelenato, ma non era in ballo una battaglia tanto gigantesca come quella ora in corso la quale riguarda le nostre libertà, quelle che l’esecutivo in carica vorrebbe strapparci in nome di un diritto alla salute che tuttavia deve essere bilanciato con altri diritti costituzionali, non meno importanti, tenendo conto del principio di precauzione ma anche di quello di proporzionalità. E la negazione di libertà essenziali a fronte per di più di un numero tutto sommato esiguo di contagiati nonché di terapie intensive e corsie pressoché vuote è atto sproporzionato, dunque illegittimo. Incostituzionale. Criminale.

La Lega passi dalle parole ai fatti, per non farsi complice. Comodo sbattere i piedini e poi appiattirsi sulle posizioni altrui restando al proprio posto. Stavolta milioni di italiani che hanno votato a favore di codesto partito si aspettano qualcosa di più.

Questo luglio, dopo due anni esatti, si potrebbe replicare la vicenda del Papeete di Milano Marittima, diventato luogo simbolo della disfatta dell’alleanza gialloverde. Sono in discussione i nostri indiscutibili diritti. Diavolo, non è mica poca roba.

Ci auguriamo di giungere a breve alla resa dei conti e non all’ennesima resa dei tonti.

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