È pura follia pagare uno Stato perché compia il suo dovere, ossia sorvegliare le proprie frontiere impedendo a migliaia e migliaia di suoi cittadini di prendere il largo per raggiungere clandestinamente altri Paesi. Eppure la recente visita dei ministri Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese a Tunisi, a cui in primavera il ministero degli Esteri aveva già devoluto 50 milioni di euro, si è conclusa positivamente per la Tunisia alla quale doneremo altri 11 milioni (per un totale di 61 milioni nel giro di 5 mesi) affinché controlli le sue acque territoriali.
Insomma, non soltanto manteniamo i migranti tunisini che continuano a giungere e seguiteranno ad arrivare in Italia, ma paghiamo pure il pizzo allo Stato del Nord Africa sperando che sia clemente e si tenga la sua gente. Invece di mostrarci arrabbiati, di sigillare i porti, di minacciare ritorsioni qualora la Tunisia non faccia rispettare le regole impedendo l’esodo di massa, ci rechiamo in ginocchio da quelle parti a implorare aiuto portando offerte milionarie.
Questo accade quando a capo del dicastero degli Esteri si pone un individuo senza titoli né competenze il quale prima di occuparsi di cosa pubblica vendeva bibite allo stadio.
Va da sé che il governo di Tunisi utilizzerà sempre la questione migranti per ottenere fondi dal Belpaese, cosa che gli riesce piuttosto bene. E noi l’accontenteremo in cambio di vane promesse. Del resto, dopo l’incontro, avvenuto lunedì 17 agosto, gli sbarchi non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati. Il 17 agosto sono approdati sulle nostre coste 404 migranti, facendoci una bella pernacchia; il 18, invece 235; il 19, 220; il 20 agosto 341 e oggi, 21 agosto, sono già 105, per un totale di 1.305 nel giro di 4 giorni. In stragrande maggioranza di nazionalità tunisina (dal primo gennaio 2020 abbiamo aperto le porte a 7.024 clandestini tunisini, 41% sul totale dei pervenuti).
Si tratta di soggetti che non hanno diritto alla protezione umanitaria, quindi di immigrati economici che tuttavia accogliamo e manteniamo. Essi non soltanto finiscono nelle strutture di accoglienza, bensì pure nelle nostre carceri già affollate.
Al 31 dicembre del 2019 (ultimo dato disponibile, Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria) erano 2.020 i detenuti tunisini sul nostro territorio. Tenendo conto che ogni carcerato ci costa 123,78 euro al giorno (dati DAP), il soggiorno in cella dei migranti giunti dalla Tunisia comporta allo Stato italiano una spesa di 250 mila euro al dì, che in un mese fanno quasi 8 milioni di euro, precisamente 7.751.103. E noi invece di rispedire questi forestieri al mittente, regaliamo milioni allo Stato di provenienza, che dovrebbe assumersene la responsabilità ma che pure se ne lava le mani.
Quindi, versiamo quattrini alla Tunisia, la quale in compenso ci invia qui migranti economici, criminali e pure terroristi. Un vero e proprio affare.
I primi di giugno del 2018, in occasione di una visita a Pozzallo, in Sicilia, il leader della Lega Matteo Salvini aveva compiuto una dichiarazione che aveva scatenato l’ira del sensibile governo di Tunisi, che aveva convocato immediatamente l’ambasciatore italiano per ricevere chiarimenti. “Spesso e volentieri la Tunisia esporta galeotti e non gentiluomini”, aveva affermato Salvini. Ed egli diceva il vero: la Tunisia non contrasta affatto la partenza dei cittadini di cui farebbe volentieri a meno, la favorisce.
Ed è acclarato che negli ultimi anni la Tunisia sia diventata il primo centro di esportazione di foreign fighters. Il maggior numero di questi proviene proprio da lì. Secondo un rapporto dell’ONU del luglio del 2015, sarebbero tra i 5.500 ed i 6.000 i jihadisti tunisini partiti per combattere in Siria dal 2011. Soldati rincasati in patria dopo le sconfitte patite dall’Isis con l’ordine di colpire sia la terra natale che l’Europa.
Nel 2017 la popolazione tunisina, spaventata, protestò contro il rientro dei foreign fighters, eppure dovette rassegnarsi a riceverli, trattandosi di cittadini tunisini a tutti gli effetti. È lecito ritenere che tra i migranti giunti illegalmente dalla Tunisia in questi ultimi anni ci fossero – infiltrati – pure soldati dello Stato islamico, di cui il Paese africano intendeva liberarsi. Come è legittimo sostenere che alla Tunisia, le cui carceri scoppiano e sono luoghi in cui ci si radicalizza, come le nostre, faccia comodo che estremisti e delinquenti salgano sui gommoni per traslocare in Italia. Intanto noi paghiamo.
Giusto per non dimenticare: l’attentatore di Nizza del 14 luglio del 2016 era tunisino e tunisino era pure Anis Amri, il terrorista che a Berlino il 19 dicembre del 2016 si rese autore della strage ai mercatini di Natale. Amri era giunto clandestinamente in Italia, dove era stato accolto come un rifugiato.
Salvini era stato accusato dai giornali di provocare incidenti diplomatici a causa delle sue parole riguardanti gli immigrati tunisini ed era stato pure sbeffeggiato ed etichettato quale inesperto. Tuttavia, aveva tragicamente ragione: stiamo incamerando il peggio.