di Fabrizio Maria Barbuto
A causare epidemie, nella storia, non sono stati sempre virus e agenti patogeni, ma anche risate a crepapelle.
Benché il 1962 sia un’annata celebre per avvenimenti come l’inizio del Concilio Vaticano II, la morte di Marilyn Monroe e la nazionalizzazione dell’energia elettrica, a quello stesso periodo risale un altro episodio che i più comuni almanacchi non contemplano, noto come “l’epidemia di risate del Tanganyika”.
Il 30 gennaio del 1962, in una scuola femminile dell’attuale Tanzania, tre studentesse cominciano a ridere al pronunciamento di una battuta della quale i più non conosceranno mai il contenuto, ma l’esuberanza del loro tuonante ghigno basterà a “contagiare d’allegria” le altre compagne.
In pochi minuti, la pervasiva ridarella avrà già colpito 95 donzelle. Nelle ore successive, le “vittime” saranno salite a 159, tanto che l’istituto si vedrà costretto a chiudere per contenere un contagio che, a dispetto dell’apparente giovialità di cui si rende artefice, si accompagna a sintomi per i quali si comincia a temere un tragico epilogo: prurito, dolore, svenimenti, mancanza di fiato. Le misure adottate non basteranno a scongiurare una “contaminazione” che, a scuola serrata, continuerà a propagarsi nel vicino villaggio di Kashasha, sul Lago Vittoria.
L’edificio scolastico verrà riaperto solo nel giugno dello stesso anno per poi chiudere i battenti il mese successivo, quando una scuola media femminile nei pressi di Bukoba diverrà focolaio di una nuova “epidemia di risata”.
L’origine del “virus dell’allegria” non è mai stata chiarita, però parecchi luminari hanno provato ad indagarne le cause meno evidenti. Una delle teorie più accreditate appartiene al Prof. Charles F. Hempelmann della Purdue University, in Indiana, il quale riconduce l’avvenimento allo stress di cui i Paesi in via di sviluppo sono spesso oggetto. Per di più il Tanganyika, pochi mesi prima della curiosa fatalità, aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito e questo aveva indotto i giovanissimi a sentirsi investiti di responsabilità.
Il ghigno compulsivo potrebbe dunque essere interpretato quale reazione al sovraffaticamento mentale. Plausibile?
In un celebre film del 1986 – Crimini del Cuore – tre sorelle ormai adulte sono costrette dalle contingenze a tornare nella casa d’infanzia. Nel corso di una sequenza tragicomica della pellicola, non sapendo affrontare la drammatica notizia del coma dell’affezionato nonno, le protagoniste rispondono alla tensione con una risata di diversi minuti alla quale, neppure loro medesime, riescono a dare una spiegazione. Vuoi vedere che si tratta di un esempio rappresentativo del fenomeno in oggetto, ovvero: stress e nervosismo uguale ilarità!
Comunque stiano le cose, non abbiate paura di farvi contagiare da un po’ di sano umorismo poiché, nella stragrande maggioranza dei casi, esso non si manifesta per dare sfogo ad uno stato di isterismo represso, bensì ad un’impetuosa voglia di vivere dalla forte carica virale.
I più rinomati scienziati rivendicano il potere curativo della risata: sarebbe la panacea ad ogni male e tra le altre cose avrebbe la capacità di contrastare la depressione, rafforzare il sistema immunitario e prevenire le malattie cardiovascolari.
Non a caso Charlie Chaplin cantava: “Quando ci sono nuvole nel cielo ci passerai sopra se sorridi”.
Fabrizio Maria Barbuto