“Sono un fertilizzante per la politica”, ha dichiarato Flavia, moglie di Romano Prodi, a proposito delle sardine al fianco delle quali è scesa in piazza domenica scorsa. “Ossigeno per la democrazia”, li ha definiti il segretario del Pd Nicola Zingaretti, speranzoso che le alici marinate, che gli fanno gola e pure lo preoccupano, si prodighino nella respirazione bocca a bocca compiuta a beneficio del suo partito moribondo.
Ancora più poetico il cantautore Francesco Guccini, per il quale le sardine “sono un raggio di sole, pioggia su un terreno arido”. Quanta banalità! “Mattia Santori è il miglior politico di questi anni”, ha cinguettato la cantante Paola Turci, la quale forse ha confuso la “cosa pubblica” con il festival della canzone italiana.
Evidentemente, poco conta che il leader del pesce in scatola non soltanto non è mai stato candidato né eletto, ma non si ricorda neanche se abbia votato o meno alle passate elezioni regionali. Mattia ha poche idee e tutte quante confuse, eppure possiede una granitica megalomania che lo induce a compiere affermazioni esagerate, del tipo: “La nostra manifestazione è una svolta storica”.
E per “manifestazione” egli si riferisce al concerto-ammucchiata tenutosi in piazza VIII Agosto a Bologna l’altro pomeriggio, a cui hanno preso parte artisti come il rapper Marracasch, il quale nelle sue canzoni usa termini e frasi quali “troia”, “ti sparo”, “spacci e reati contro il patrimonio, prima o poi si viene catturati dagli sbirri”, “da bambino era il temporale a fermare il mio cuore, non le puttane”, “ti apro la faccia come una giacca con le zip”, “li uccido per sport”, “devo fare slalom tra ste puttane”, “le troie mi corrono dietro”.
E menomale che i pesciolini protestano contro la violenza di genere, il dilagare dell’odio, l’uso di un linguaggio volgare e si propongono di seminare e spargere amore e gentilezza su tutta quanta la penisola. “Siamo la dimostrazione che a volte il buonsenso, la parola, il non urlare, il non giocare sporco possono ancora pagare”, ripete il fondatore.
Le alici rivendicano di essere un movimento e non un partito e sottolineano di volere restare al di fuori delle stanze dei bottoni, però non escludono di incontrare presto il Pd, informalmente, puntualizzano. E di sicuro anche il premier Giuseppe Conte, “purché cancelli i decreti sicurezza”, poiché “dobbiamo riscoprire il valore della solidarietà”, persino a costo di accogliere tutto il continente africano al fine di sentirci buoni.
I pesciolini sono pronti a dialogare pure con i pentastellati, da cui sarebbero stati contattati. Del resto con questi ultimi hanno tanto in comune, almeno la genesi, oltre all’assenza di sostanza, tuttavia Santori specifica che i cinquestelle sono nati da un vaffanculo, dunque da una orribile parolaccia. E già dimentico di quanto appena detto, sul palco Mattia tuona: “Siamo qui perché ci siamo rotti i coglioni”.
Insomma, i pesciolini sembrano tagliati per la carriera nei palazzi: si contraddicono in continuazione. Devono ancora cozzare contro una crudele verità: fare antipolitica è più facile del fare politica. Quando fai la prima sei un mito, quando fai la seconda un cretino. Intanto la stampa di sinistra continua ad elogiarli, anzi no, ad osannarli: le sardine vengono descritte quali eroi, salvatori della patria, unica speranza per il futuro nebuloso sul quale incombe il pericolo Salvini, individui battericamente puri, incontaminati dall’acredine e dal risentimento che germinano all’interno delle putride viscere di una società, la quale deve essere messa in salvo da populismo e sovranismo, fascismo e antisemitismo.
Nessun problema. Ci pensa questo trentenne incapace pure di articolare una frase di senso compiuto, che incespica nelle parole e appare come un liceale impreparato alle prese con l’interrogazione allorché viene intervistato, Mattia Santori.
In questa narrazione alterata della realtà, il concerto del 19 gennaio diviene un evento epocale, una cesura tra vecchio e nuovo, che avrebbe visto la partecipazione di 40 mila giovani anime, segno che la sinistra non è ancora morta né in Emilia né altrove, si tenta di tenerla in vita almeno sulla carta stampata. Peccato che la folla fosse costituita da 20 mila persone (di ogni età), come ha rilevato la questura bolognese, giunte da ogni regione d’Italia anche e soprattutto per assistere al concerto dei propri idoli musicali. Più che un successo sembra un flop.
Un Festival di Sanremo dei poveracci, condotto non da Amadeus bensì da Santori, il quale un risultato l’ha ottenuto: trasformarsi nel giro di due mesi in una star, tallonato e conteso com’è da televisioni e quotidiani. Alici nel Mondo delle Meraviglie, il Belpaese, diventate famose ricorrendo un inafferrabile Bianconiglio. Da “eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo” siamo passati a “eravamo quattro coinquilini trentenni annoiati che volevano un posto nel mondo”, protestando contro il clima d’odio e pure contro il cambiamento climatico, ché va tanto di moda oggi.
Le sardine non sono altro che una bolla di sapone, un incrocio tra Pd e M5s messo a punto in laboratorio, una sintesi mal riuscita e a tratti mostruosa, se non altro che per la sua inconsistenza, che racchiude ed esaspera i vizi di entrambi e non le virtù. Esse sono figlie legittime di questa sinistra elitaria e inconcludente, che alla sinistra elitaria e inconcludente si ribella ma che ad essa non può fare a meno di guardare, ripercorrendone le orme.
Articolo pubblicato su Libero il 21 gennaio 2020