“Scusi, posso disturbarla?”, chiede con garbo una signora dimessamente vestita. Il passante immagina che la donna necessiti di una indicazione stradale e si sorprende allorché ella spiega che avrebbe bisogno di qualche spicciolo, giusto per fare un po’ di spesa. Un centinaio di metri più avanti è un uomo a domandare un gesto di carità. “Ormai ho perduto pure la speranza di lavorare”, confida. Siamo a Milano, nel cuore di quella Lombardia del benessere dove accanto a tanta ricchezza risiede anche tanta povertà e il contrasto tra la prima e la seconda risulta tanto assordante quanto stridente. Soprattutto oggi che la miseria si espande tra le periferie abbandonate e le vie ancora semideserte del centro, insinuandosi in ogni anfratto, in ogni meandro. Persino nell’angolo più recondito è facile imbattersi in un disperato che, indossando rigorosamente una mascherina ormai lercia, affonda le mani nude in uno di quei cassonetti pubblici disseminati qua e là. E pastrugna concentrato e fidente, come se andasse in cerca di chissà quale tesoro. Il brontolio dello stomaco, il quale presto si tramuta in un urlo rabbioso che divora dall’interno chi lo cova, è più forte del timore di finire infettato. Di necessità ha fatto virtù il tizio che in prossimità di un supermercato, su corso Buenos Aires, ha attrezzato una camera doppia con vista, con tanto di comodino, poltrona e, per concludere, due letti completi di materassi e biancheria. L’ubicazione, peraltro, è strategica. Capita che qualche avventore del market, impietosito da codesto sforzo di arrangiarsi, deponga una busta-sorpresa sul giaciglio del clochard dormiente. Per mesi ci siamo lamentati perché obbligati a permanere tra le mura domestiche, nel mentre oltre 55 mila persone nel Belpaese (cifra sottostimata che tiene conto solo dei barboni che si rivolgono alle associazioni) e circa 700 mila in Europa (dato incrementato del 70% in 10 anni) non disponevano né dispongono di un luogo in cui dimorare, fosse anche una stamberga. E intanto – oltre il danno la beffa – alcuni di loro venivano denunciati e multati poiché colti a zonzo senza valido motivo. 

Lungi dall’avere risolto la piaga della esclusione abitativa, gli avanzati e civili – così dicono – Paesi occidentali saranno travolti nei prossimi mesi da un vertiginoso aumento dei senzatetto per effetto delle drastiche misure di contenimento della epidemia adottate dai governi, le quali hanno prodotto una paralisi prolungata dell’intero sistema economico.

L’Italia non fa eccezione, sebbene – tutto sommato – potremmo definire addirittura “ottimistiche” le previsioni del nostro esecutivo che ipotizza oltre al crollo dei consumi pure quello dell’occupazione (2,1%) nonché l’aumento della disoccupazione, il cui tasso passerà dal 10% del 2019 all’11,6% del 2020. Nel dettaglio, sono previsti dal BisConte 500 mila nuovi disoccupati, se siamo fortunati. Insomma, almeno mezzo milione di italiani si ritroverà senza entrate, a dispetto delle rassicurazioni del premier, il quale due mesi addietro garantì: “Nessuno perderà il lavoro”. Secondo l’Organizzazione mondiale del Lavoro le ripercussioni sociali ed economiche della pandemia saranno più gravi della crisi del 2008, quest’ultima determinò la disintegrazione di 22 milioni di impieghi, la pestilenza invece ne spazzerà via 25 milioni. E in Europa sarà soprattutto la nostra penisola lo Stato più devastato dal tracollo, almeno stando alle stime della banca d’affari Goldman Sachs Group, che valuta per quest’anno in Italia un indice di disoccupazione al 17%.

Nonostante sia ancora presto per accorgerci di questo tornado, dal momento che il contraccolpo del Covid-19 sull’economia si avvertirà in tutta la sua virulenza più avanti, ossia tra qualche mese, già possiamo cogliere in giro – ora che ci è consentito mettere il naso fuori dall’uscio – dei segnali preoccupanti. La quantità di coloro che vivono sul marciapiede è visibilmente cresciuta. Ma affidarci alle percezioni talvolta può indurci in errore, quindi è meglio specificare che nelle ultime settimane è lievitata la domanda di pasti alle associazioni che li forniscono. Tutte le sedi della Caritas hanno infatti segnalato già a fine aprile una espansione tra il 20 ed il 50% delle richieste di aiuti alimentari. Tra i novelli indigenti ci sono interi nuclei familiari, minori inclusi, anziani e giovani rimasti senza lavoro, maschi e femmine ritrovatisi dall’oggi al domani privi della possibilità di fare la spesa, mettere un piatto caldo a tavola e pure di pagare l’affitto. Le procedure di sfratto sono per ora sospese fino al 30 giugno su tutto il territorio nazionale, sempre a causa del contagio (art. 103 comma 6 del decreto legge del 17 marzo 2020, n. 18, “Cura Italia”), ma quando verranno sbloccate, tanta gente resterà senza tetto poiché, essendo stata licenziata, non potrà adempiere all’onere del pagamento del canone.

Prepariamoci dunque ad una emergenza abitativa di proporzioni mostruose e oramai imminente, che ci farà passare dallo slogan modaiolo “io resto a casa” a quello tragico “io non ho una casa”. E il dramma della strada è sempre quello: una volta che ci finisci, difficilmente riesci a venirne fuori. Essa risucchia. È come le sabbie mobili. Ti trattiene e non ti molla più.

Quindi andrà tutto bene un corno. 

Articolo pubblicato su Libero il 9 maggio 2020

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