Una scuola su due in Italia rischia di crollare, ossia di frantumarsi sulla testa degli alunni sia delle elementari che delle superiori di primo e secondo grado, stroncandoli sul colpo o lasciandoli gravemente feriti. Una buona percentuale degli edifici è stata costruita in aree ad alto rischio sismico o idrogeologico. Tra i materiali utilizzati compare persino l’amianto, presente in 2.400 edifici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Mancano i certificati di collaudo statico, di agibilità o di abitabilità, eppure, anziché essere sigillate, queste strutture continuano ad ospitare ogni mattina da anni e anni giovani vite che corrono il pericolo di lasciarci le penne tra la lezione di matematica e quella di italiano.

L’eventualità, del resto, non è remota: nell’anno scolastico 2018-2019 ogni tre giorni ci sono stati incidenti in classe provocati da pezzi di intonaco caduti giù all’improvviso o da veri e propri crolli con tanto di aperture di voragini. Affermare che le nostre scuole sono vecchie e fatiscenti costituisce oramai un eufemismo. Lo stato di abbandono è totale, nonostante le promesse avanzate dai vari governi che si susseguono, i quali mostrano scarso interesse nei confronti della scuola. L’istruzione non è più argomento di dibattito durante le campagne elettorali, neppure viene menzionata nei programmi politici. Sembra che dello studio non interessi più nulla a nessuno.

Lo scorso settembre anche il Codacons aveva fatto presente che “l’assenza di sicurezza ha determinato, a partire dal 2001, 39 vittime”. Ma nulla è mutato. Anzi, i brevettati incompetenti al potere, ossia i pentastellati, i quali non brillano certamente per preparazione e ricchezza culturale, dai primi di marzo hanno chiuso le scuole, reputandole evidentemente non indispensabili, e non le hanno più riaperte, sostenendo che per i fanciulli fosse più sicuro restare a casa con il coronavirus in circolazione. I grillini hanno tuonato a ripetizione: “La salute e l’incolumità dei ragazzi stanno al primo posto”. Tuttavia, se così fosse, gli istituti non sarebbero baracche ammuffite in procinto di schiantarsi al suolo.

Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, al fine di rendere le scuole salubri e sicure, reputa di vitale importanza l’acquisto di banchi singoli, che consentano ai discenti di mantenere la distanza di almeno un metro l’uno dall’altro eludendo la possibilità di contagiarsi. Azzolina ha presentato durante una conferenza stampa con il premier Giuseppe Conte i nuovi banchi: colorati, piccoli, adattabili, dinamici, ergonomici, le sedute non fanno male alla schiena (la quale però potrebbe spaccarsi in seguito alla caduta di un pezzo di cemento).

Peccato che il costo di ciascuna postazione ammonti a 400 euro, per una spesa insostenibile. Le scuole necessitano di professori e di messa in sicurezza, ma Lucia si incaponisce con banchi e sedie. Il che è ridicolo. Come ridicola è la convinzione che, per evitare una seconda ondata di contagio, occorra obbligare gli alunni a mantenere il distanziamento sociale in aula. Gli stessi alunni che si radunano in bagno, che si ammassano nei corridoi e nei cortili, che si scambiano vestiti, penne, matite, si abbracciano, si baciano, giocano, nel pomeriggio studiano insieme, bevono dalla stessa bottiglietta, dividono le merendine e fanno tutto ciò che da sempre sono soliti fare bambini e adolescenti. Insomma, l’acquisto dei banchi moderni è una uscita del tutto inutile.

Se proprio ci sta a cuore il benessere degli scolari, cominciamo con l’eliminare l’amianto, riparare le lesioni strutturali, garantire un minimo di manutenzione da lustri inesistente, dotare di riscaldamento gli edifici che ne sono privi, sostituire gli infissi danneggiati.

Il banco colorato ed ergonomico, che non è un salvavita, è bene voluttuario e superfluo rispetto a tutto ciò.

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