Si dichiaravano disoccupati, nullatenenti, spiantati, insomma, più al verde di un semaforo, i fratelli di etnia Rom Principe e Fardi Horvat, invece acquistavano e regalavano orologi di marche prestigiose, giravano a bordo di auto di lusso, pasteggiavano con aragoste e champagne, frequentavano hotel a cinque stelle della costa Azzurra e vivevano in ville a dir poco principesche. Una fastosità esibita con orgoglio sui social. I due, rispettivamente di 30 e 28 anni, residenti a Trescore Balneario, Bergamo, dove è radicata una nutrita comunità Rom, sono dotati di un talento raro: hanno la capacità di vendere uno stesso bene, di solito automobili, a più persone e fino a quattro volte realizzando nel giro di 2-3 giorni ingenti capitali. Come riescano a convincere i malcapitati a fidarsi e consegnare ricche caparre e non soltanto queste resta un mistero, che prima o poi dovrà svelarci la scienza, anche perché l’aspetto dei due fratellini è tutt’altro che rassicurante.

Su Facebook Fardi non nascondeva, anzi ostentava, agi e mollezze della sua esistenza dorata, piena di feste, banchetti, vetture di almeno 8 cilindri, cose che molti potrebbero giudicare “pacchiane”, ma trattasi del celebre stile gipsy. Più riservato Principe, il quale tuttavia, mentre era agli arresti domiciliari, pubblicava fotografie di se stesso davanti a due Lamborghini con la scritta: “Io resto a casa”. Il che è persino divertente.

Ciò che proprio non fa ridere, però, sono le accuse a carico degli Horvat, ai quali il tribunale di Bergamo contesta di avere promosso, costituito e diretto un’associazione per delinquere dedita alla sistematica realizzazione di delitti di truffa, ricettazione, riciclaggio, fittizia intestazione di beni e frode fiscale nell’ambito della compravendita di autovetture e della gestione di concessionarie aperte al solo scopo di frodare i clienti, quali l’autosalone Guido L’auto, di Sorisole. E poi ci sono le estorsioni e le minacce. Per intimidire un concessionario inducendolo ad acquistare una Ferrari Principe si qualificava come “Casamonica” aggiungendo che ci sarebbero state gravi conseguenze in caso di mancata conclusione della compravendita in corso. Coinvolti in qualità di partecipanti al sodalizio altri uomini e donne, tra cui Desiderio Horvat, 51 anni. Per di più i fratelli Horvat erano insolventi nei confronti sia di chi affittava loro i locali commerciali sia di chi aveva eseguito negli stessi dei lavori di tinteggiatura.

Ma cosa accadeva al momento della consegna della macchina acquistata dal cliente? A quel punto gli Horvat informavano il poveretto di essere stati essi stessi raggirati e puntavano il dito contro una famiglia Rom rivale, simulando a carico dei membri di questa ultima le tracce dei reati di truffa. Sul telefonino delle vittime giungeva un messaggio in un italiano stentato: “Ciao ti volevo dire che le auto on ci sono più né i soldi”. E poi: “Sono stati gli zingari”. E ancora: “Tutto un complotto”.

La fantasia di Principe e Fardi è proverbiale. I due, ricercati da mesi, hanno fatto di tutto per sfuggire alla magistratura, finché, messi alle strette dopo avere trattato a lungo da latitanti tramite il loro avvocato, non si sono consegnati spontaneamente. E chissà che Fardi non si sia persuaso che sia una congiura delle toghe contro di loro. Il giovane tempo fa aveva condiviso su Facebook una frase tratta dalla miniserie televisiva “Il capo dei capi”: “Voi non avete capito, o per meglio dire, non volete capire che cosa significa Corleone. Voi state giudicando degli onesti galantuomini, che i carabinieri e la polizia hanno denunciato pe’ capriccio”.

Anche Maria Horvat, la nonna settantaquattrenne, intestataria di una vettura Porsche Cayenne (pur non avendo la patente) di Principe, il quale intendeva eludere eventuali sequestri preventivi, per ottenere il reddito di cittadinanza ha reso dichiarazioni false, omettendo inoltre di essere proprietaria di diversi immobili. Insomma, la truffa era uno stile di vita per la famiglia gipsy. Tutto regolare, per gli Horvat.

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