Ne andava pazzo il segretario di Democrazia Cristiana Aldo Moro, il quale appariva sempre di un bel colorito dorato, tanto che i medici legali che ne esaminarono la salma notarono con stupore che Moro era abbrunato, condizione incompatibile con una detenzione lunga 55 giorni trascorsi in un nascondiglio, e questo resterà forse per sempre uno degli irrisolti misteri italiani.

Ma anche il comunista Lucio Magri, tra i fondatori de “Il Manifesto”, chiamato ironicamente “l’abbronzato”, nonché l’imprenditore Gianni Agnelli non disdegnavano affatto la tintarella. Ed essi furono giovanotti proprio a cavallo di quel periodo storico in cui l’abbronzatura da roba per plebei, simbolo di una vita passata a sgobbare nei campi, si trasformò magicamente in uno status sociale di cui andare fieri: soltanto i ricchi potevano permettersi di poltrire su spiagge assolate e magari pure esotiche.

Antesignana di questa nuova moda – tanto per cambiare – fu proprio la stilista Coco Chanel, la quale nell’estate del 1925, mentre si trova a Cannes, a bordo dello yacht del duca di Westminster, si rese conto, ammirandosi allo specchio, che la pigmentazione aurea assunta dalla sua pelle per effetto della esposizione casuale ai raggi del sole non le stava affatto male, tutt’altro. Ed ecco che ella inventa il primo prodotto solare, un olio privo di qualsiasi fattore di protezione ma ricco di profumo, insomma, roba che oggi useremmo soltanto per friggere.

Gli anni Trenta costituiscono l’epoca in cui nasce una straordinaria invenzione: il mare come luogo di villeggiatura. Eppure è con il boom economico che l’abbronzatura diventa un’ossessione. Follia. Negli anni Ottanta non ci basta più attendere la bella stagione per arrostirci ed ecco che arrivano le lampade solari, le quali garantiscono un incarnato color bronzo 365 giorni l’anno.

Si stima che oggi ben 11 milioni di italiani, di ambo i sessi, soffrano di tanoressia (da “tan”, in inglese “abbronzatura”, e “órexis”, dal greco “appetito”), patologia che consiste in una vera e propria dipendenza da esposizione solare, lampade e autoabbronzanti. Chi ne è affetto tende a vedersi sempre pallido, sebbene non lo sia, e questa dispercezione, ovvero visione distorta di se stesso, lo induce ad avvertire il dovere di farsi baciare da sole per ore ed ore al fine di diventare il più nero possibile.

Di solito i soggetti che sviluppano codesta compulsione non rischiano la scottatura, problematica a cui vanno incontro semmai gli inesperti, tuttavia problemi ben più gravi possono riguardarli nel lungo periodo, come il pericolo di sviluppare un melanoma cutaneo, ossia un cancro della pelle, a causa della esposizione eccessiva alla luce ultravioletta, che giunge fino a noi sotto forma di raggi UVA e UVB.

Il tanoressico, che mai rinuncerebbe a dosi massicce di luce solare, sottovaluta le conseguenze del suo comportamento maniacale: la sua priorità è scurirsi, costi quel che costi. Poiché solamente quando egli è bruno come la pece riesce a sentirsi a suo agio, piacevole, adeguato, sicuro della sua fisicità. Intanto, mentre cuoce sotto il sole o la lampada, l’epidermide avvizzisce e invecchia precocemente. Ecco i risultati di una esistenza da tartarughe: rughe precoci, macchie, irregolarità, scarsa elasticità e ruvidezza della cute.

Sdraiarsi al sole è salutare sia per il corpo che per la mente, dato che esso favorisce la produzione di vitamina D, indispensabile per le ossa, e aumenta del 30-50% il livello di betaendorfine regalando una immediata sensazione di benessere e rilassatezza. Tuttavia, per godere di codesti effetti positivi, sarebbe opportuno limitare l’esposizione oltre che adoperare sempre una crema con un fattore di protezione calibrato sulla nostra carnagione.

Negli ultimi anni, peraltro, è tornata in auge la pelle candida. Imperativo categorico delle attrici di Hollywood, la carnagione diafana è reputata più elegante, proprio come accadeva prima dell’avvento del XX secolo, allorché le signorine di buona famiglia o nobili non osavano uscire di casa senza un cappello o un ombrellino, in estate come in inverno, allo scopo di mantenere l’epidermide bianca come il latte. Forse è per questo che le nostre antenate, sebbene non avessero a disposizione gli innovativi prodotti di bellezza che hanno invaso oggigiorno il mercato, vantavano una pelle di porcellana?

Nel dubbio meglio prediligere la tintarella di luna.

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