Ci servono 4 abbracci al giorno per sopravvivere, 8 per stare bene e 12 per migliorare il nostro stato di salute psicofisica ed evolvere. Lo sostiene la nota psicoterapeuta statunitense Virginia Satir e lo conferma la scienza. Numerosi studi hanno infatti attestato che il contatto fisico, in particolare il gesto dell’abbracciarsi, abbassa i livelli di cortisolo, ormone dello stress, aumentando di contro quelli di ossitocina, ormone dell’amore, e di dopamina, neurotrasmettitore del piacere che ci fa sentire appagati.

Toccarsi attenua il dolore sia fisico che emotivo, donando un senso di sollievo; stimola la produzione di emoglobina che trasporta ossigeno ai tessuti; giova al cervello affinando la capacità di apprendimento nonché quella decisionale; aiuta a trasmettere le proprie emozioni migliorando il rapporto con gli altri e favorisce altresì lo sviluppo di una maggiore consapevolezza del proprio corpo, poiché per accettarci abbiamo bisogno di sentirci amati.

Come se non bastasse, stringersi tra le braccia è un toccasana per il cuore, le cui patologie derivano non di rado da malesseri di tipo affettivo: riduce il battito cardiaco, la pressione e il colesterolo, e migliora la circolazione sanguigna. Insomma, senza coccole non potremmo vivere. Esse costituiscono una sorta di medicinale assolutamente privo di controindicazioni e gratuito, che cura l’ansia e la depressione e ci rende più longevi, più forti e anche più equilibrati.

Gli scienziati hanno notato che mentre due persone stanno avvinghiate, si sincronizzano a livello cerebrale e i loro tracciati elettroencefalografici si sovrappongono, armonizzandosi. Ma perché un abbraccio generi davvero un potente effetto terapeutico è necessario che abbia una durata di almeno 20 secondi, arco di tempo nel corso del quale vengono annientate le angosce e persino le paure esistenziali, inclusa quella della morte, come ha dimostrato una ricerca pubblicata sulla rivista Psychological Science.

Le effusioni non hanno età. Gli studiosi hanno constatato che i bambini che ricevono maggiore affetto diventano adulti dotati di una buona autostima, più sicuri, più fiduciosi in loro stessi e negli altri. Al contrario, quelli trascurati dai genitori sono portati ad essere tristi, a sentirsi smarriti e arrabbiati, stati d’animo che perdurano nell’età adulta. Ma non solo, le carezza rendono i bimbi più intelligenti, più attenti e propensi ad imparare.

Ecco perché, allorché un piccolo piange, sarebbe opportuno calmarlo mediante il contatto e non consegnandogli tra le mani lo smartphone o la merendina. Da uno studio svedese pubblicato su Research on Language and Social Interaction è risultato che rispondere attraverso il tocco fisico ai lamenti o ai capricci dei pargoletti ha un effetto lenitivo, dato che questi ultimi fanno esperienza della disponibilità e della presenza dei congiunti.

Tuttavia, le tenerezze sono vitali anche per i grandi, poiché il bisogno di sentirci amati e protetti perdura durante tutta la nostra esistenza. Nei momenti di difficoltà, quando siamo malati, alla fine di una giornata pesante, allorché avvertiamo stanchezza e malinconia, così come quando abbiamo raggiunto un traguardo che ci è costato sacrifici ed impegno, ciò che ci serve è nient’altro che essere avviluppati dal calore di chi ci ama o almeno ricevere una pacca sulla spalla o una stretta di mano in segno di incoraggiamento.

Eppure nella nostra società il contatto virtuale ha preso il sopravvento su quello fisico: siamo iperconnessi ma distanti gli uni dagli altri. Dalla mattina alla notte fonda sfioriamo i nostri display touchscreen ed ipersensibili ai nostri polpastrelli ma ci guardiamo bene dal porgere una carezza. Forse è anche per questo che siamo sempre più malati di depressione, disturbo mentale più diffuso tra gli italiani (ne soffri i 2,8 milioni di persone).

Stando al risultato di una indagine di qualche anno fa, sette abitanti della penisola su dieci (68%) sentono il bisogno di coccole per sentirsi meglio e considerano carezze (64%), abbracci (57%) e baci (54%) dei rimedi per alleggerirsi dalle fatiche quotidiane. E tra uomini e donne non vi è alcun dubbio che i più coccoloni siano i primi (58% contro 42%).

L’esigenza di ricevere gesti di affetto è secondario solo rispetto a quella di raggiungere una stabilità lavorativa ed economica, avvertita oggi come primaria (75% degli intervistati). Certo è che se il lavoro non si trova ed i soldi mancano, non resta altro da fare che affondare in una rassicurante stretta. Almeno non ci verrà il crepacuore.

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