Sono almeno 21, secondo gli scienziati, le emozioni che siamo in grado di comunicare attraverso le espressioni del viso. Come ci sentiamo, cosa proviamo, persino ciò che pensiamo e le nostre intenzioni si leggono sul nostro volto. La mimica facciale, in parte incontrollabile, è un potente mezzo di comunicazione non verbale, ancora più efficace e più sincero delle parole, che non sempre sgorgano dal cuore. Tanto che ci siamo inventati un surrogato, ossia le cosiddette “emoticon”, da porre a corredo di sms, email, comunicazioni via chat e social network, per arginare il pericolo di essere travisati nonché per rendere il nostro messaggio più incisivo.

Ma cosa accade quando siamo coperti per metà dalla mascherina? Corriamo forse il rischio di essere non compresi o, peggio, equivocati? Gli esperti non nutrono il minimo dubbio: il dispositivo di protezione individuale, il cui utilizzo è oggi obbligatorio negli ambienti pubblici in oltre 50 Paesi del sistema internazionale, costituisce un ostacolo nelle interazioni ed è limitante quando ci si confronta con gli altri in quanto le emozioni sono dipinte sul nostro viso e ognuno di noi è capace di intercettare ed interpretare movimenti quasi impercettibili dei muscoli facciali al fine di afferrare se coloro che abbiamo dinnanzi siano tristi, felici, sorpresi, arrabbiati, spaventati e così via. Gli statunitensi per cercare di farsi un’idea riguardo il soggetto che si trovano davanti si concentrano sul suo sorriso e mostrano diffidenza nei confronti di chi sorride poco o per niente. Gli asiatici, invece, si soffermano in particolare sugli occhi allo scopo di intuire l’umore dell’altro. In ogni caso, è certo che il movimento delle labbra, oggi celate dalle mascherine, rivesta una importanza fondamentale in ambito relazionale. Soltanto mediante la bocca e senza fiatare possiamo fare sapere all’altro se siamo allegri o avviliti. E il sorriso stesso non è uno soltanto, come saremmo portati a credere. Ci sono circa 18 sorrisi differenti, tra cui quello cortese, quello crudele, o beffardo, o falso, o amaro, o gioioso.

La maschera anti-covid incide notevolmente sulla nostra vita sociale, il cui perimetro si è già ristretto a causa della esigenza di mantenere il distanziamento sociale evitando altresì di incontrare il prossimo, a meno che non sia un congiunto, o addirittura un convivente. Gli studiosi si stanno interrogando circa la possibilità che gli esseri umani, andando avanti così, si disabituino alla lettura delle emozioni impresse sul viso, giungendo a non riconoscerle più, elemento che inficerebbe gravemente la nostra capacità di entrare in contatto gli uni con gli altri.

Questa eventualità, purtroppo, sussiste. In particolare, i fanciulli stanno mostrando difficoltà nella comprensione di determinate espressioni facciali e quindi nella interpretazione dello stato d’animo altrui. Nel corso di alcuni test i bambini, osservando visi di soggetti con mascherine di tipo chirurgico, hanno identificato correttamente la tristezza soltanto il 28% delle volte, la rabbia il 27% e la paura il 18%.

Il disagio nel capire diventa pure disagio nel farsi capire, approfondendo il senso di solitudine dell’individuo, il quale non riesce a creare empatia con il prossimo. Queste complicazioni sono tanto più probabili quanto più a lungo saremo obbligati ad indossare il dispositivo di protezione. Il vaccino, la cui distribuzione sembra essersi arenata proprio in questi giorni, non ci libererà del fastidio di occultare naso e bocca, dal momento che i virologi sostengono che persino gli immunizzati possono diffondere il contagio, e quindi non è escluso che la mascherina, per quanto ci sia insopportabile, sia un accessorio destinato a permanere nel nostro quotidiano anche quando i numeri di contagiati e morti saranno nettamente diminuiti, come del resto accade nei Paesi asiatici, i quali hanno affrontato negli ultimi anni diverse epidemie.

Cosa ci resta da compiere? Gli scienziati suggeriscono di compensare l’assenza della mimica facciale focalizzandoci sul tono della voce e ricorrendo ai gesti, come si usa fare soprattutto nel Sud del mondo, incluso il nostro Mezzogiorno, dove la comunicazione verbale si accompagna da sempre ad espressivi movimenti del corpo, soprattutto di mani e braccia, quantunque gesticolare sia ritenuto dai più poco elegante. Alla fine, tutto ciò che conta è farsi intendere.

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