Addio, care lunghe e vecchie file! O forse questo è soltanto un arrivederci. Chi di noi non è stato in coda, alle prese con il furbetto che tenta di sorpassare fregando il posto a chi è arrivato prima di lui e l’impiegato indolente e lento che sembra compiere di tutto per snervarci, mentre il tempo scorre, l’agitazione cresce, il mondo gira (e non solo quello), ma lo schieramento di astanti rimane inesorabilmente immobile? Ebbene sì, l’epidemia ha stravolto le nostre esistenze inducendoci a rimpiangere quella che fu “normalità”, eppure ci ha liberati altresì di quel tedioso fardello: l’obbligo di aspettare il proprio turno, uno dietro l’altro, in piedi, come soldatini, inchiodati davanti ad uno sportello. E non sentiremo la mancanza di questi perduti usi, tanto più se consideriamo che negli ultimi vent’anni le code negli uffici pubblici erano addirittura cresciute e la tendenza era verso il progressivo allungamento.

Idealmente è come se tra il 1999 e il 2019 la fila davanti a noi si fosse estesa di una ventina persone, stando ai dati diffusi dall’Ufficio studi della CGIA. Ad arrestarne l’espansione ha provveduto, appunto, il coronavirus che ha prodotto una decisiva spinta verso smart-working e digitalizzazione, la quale ha consentito al cittadino di scaricare moduli, atti e certificati dal sito di ogni ente dello Stato, per poi inviare i documenti debitamente compilati via internet, quindi senza recarsi fisicamente presso gli uffici.

Una buona notizia, senza dubbio. Ma – attenzione – c’è pure quella cattiva. Sì, il corona ha spezzato le code, però ha diluito i tempi di erogazione dei servizi. Insomma, la digitalizzazione non equivale a maggiore efficienza e minori fastidi. Macché! La pubblica amministrazione, forse soffocata e appesantita da una burocrazia che è lievitata enormemente, ha difficoltà a smaltire il sovraccarico e l’accumulo di lavoro, così le tempistiche di erogazione delle prestazioni e dei servizi sono dilatate.

Del resto, sono ancora un milione e mezzo i dipendenti pubblici che sgobbano da casa ed è probabile che sia pure la loro assenza fisica a rallentare la macchina statale. A fornire questi numeri è stato lo stesso ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, il quale stima che oltre il 50% dei pubblici impiegati sia attualmente in regime di smart-working. Questo contribuisce a fare precipitare i livelli di soddisfazione del servizio offerto dalla nostra PA, livelli tra i più bassi in Europa già prima della pandemia.

Non resta che augurarci che i dipendenti pubblici facciano rientro in ufficio, gli sportelli riaprano e le disperse code rinverdiscano insieme ai tafferugli che talvolta comportano, perché se allora andava male, oggi va senza ombra di dubbio peggio. Meglio stare in fila per ore, mettendo a dura prova la pazienza, che attendere giorni o settimane per una pratica.

È soprattutto al Centro-Sud che le code divengono sfiancanti. Presso gli sportelli delle Asl i tempi di attesa più esorbitanti si sono registrati in Calabria, dove quasi l’80% degli intervistati ha detto di essere stato in fila oltre i tollerabili 20 minuti, indici identici presenta la Sicilia, segue la Campania (66,7%). Si procede più speditamente, invece, in Veneto e Valle d’Aosta e, soprattutto, in Trentino Alto Adige.

Di chi è la colpa? Eh, vai a scoprirlo. Puntare il dito contro chi sta dietro gli sportelli sarebbe errato e ci porterebbe fuori strada. Di certo, andrebbero snellite e semplificate numerose procedure, le quali invece si complicano ancora di più complicando la nostra quotidianità e ingessando il sistema produttivo nonché il Paese intero, imprigionato nelle maglie della sua stessa burocrazia.

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon