Nulla scandalizza di più della sincerità e la buona educazione altro non è che l’arte di nascondere alla perfezione i propri pensieri più autentici, cosa che ci consente di stare in società e intrattenere relazioni di qualsiasi tipo, basate per lo più sulla reciproca sopportazione. Se esternassimo tutto ciò che ci passa per la testa, sarebbe il finimondo. Deve averlo compreso, testandolo sulla sua pelle, Roberto Cortellazzi, professore ordinario di Odontoiatria dell’Università di Bari e direttore del reparto di Chirurgia maxillo-facciale all’ospedale Miulli di Acquaviva, il quale ha scatenato le ire degli studenti e pure del rettore Stefano Bronzini, che, oltre ad avviare un procedimento nei confronti del docente che rischia un’ammonizione, si è rivolto addirittura alla procura, come se i tribunali non avessero già il loro bel da fare.
Ma quali sarebbero gli intollerabili presunti illeciti commessi da Cortellazzi, così gravi da richiedere persino l’intervento dei pubblici ministeri? Il professore è tacciato di sessismo (accusa che ormai sta bene un po’ su tutto, pure quando non c’entra un fico secco), in quanto lunedì scorso, durante un esame svoltosi su una piattaforma telematica, credendo di non essere udito e registrato, egli si è lasciato andare ad osservazioni spontanee, di quelle che ciascuno di noi compie quando è convinto di non essere ascoltato, esprimendole a qualcuno di fiducia.
“C’è una supergnocca qui”, ha detto Cortellazzi rivolgendosi al suo assistente e riferendosi ad una allieva che si accingeva ad essere esaminata. “Quanto mi sta sul cazzo questa qua!”, ha esclamato riguardo ad un’altra. Non si capisce da cosa derivi l’incriminazione di maschilismo, dal momento che il docente non ha risparmiato neppure i maschi. Ad esempio, mentre era un lui a sostenere l’esame, il professore ha mormorato insofferente: “Che giramento di coglioni!”.
I rappresentanti degli studenti hanno denunciato i fatti inviando una lettera ai vertici dell’Ateneo e del corso di laurea. Essi sottolineano che “la condotta del professore sia irrispettosa rispetto al diritto di apprendimento degli allievi e a quello di non essere offesi in una sede istituzionale”.
Discenti e rettore dell’Università di Bari sono scivolati in un grosso grossissimo equivoco: ritengono che costituisca reato abbandonarsi a riflessioni di questo genere, peraltro innocue, condividendole con il proprio intimo interlocutore. Cortellazzi, infatti, ha agito in assoluta buonafede, senza l’intenzione di offendere nessuno, considerato che egli era sicuro di non potere essere sentito da chi era in collegamento. Manca del tutto la volontà di denigrare o insultare chi gli stava di fronte (dunque è assente pure il crimine), ammesso e non concesso che le frasi del medico possano assumere una connotazione infamante e lesiva della dignità della persona.
Insomma, siamo davanti all’ennesima schizofrenia di una comunità ormai malata di fanatismo morale, esageratamente suscettibile, pure quando non ce ne sarebbe affatto il motivo, vittima del suo stesso vittimismo, in grado di indignarsi per tutto ciò che non dovrebbe sollevare indignazione, sempre con il fucile puntato contro il malcapitato di turno, descritto ingiustamente quale ignobile sessista da distruggere anche a livello professionale, come il professore Cortellazzi, colpevole di avere mormorato ad alta voce pensieri innocenti. Se apprezzare con l’amico o con il collega la bellezza di una signora, quantunque ricorrendo a termini derivati dal gergo, forse volgari eppure efficaci, come “gnocca”, equivale al meritarsi l’etichetta di “sessista”, allora dobbiamo concludere che la totalità degli uomini non abbia alcun rispetto delle donne.
Tuttavia, ciò che più impressiona di questa bizzarra quanto ridicola vicenda è la segnalazione fatta dal rettore ai magistrati. Segno che abbiamo oltrepassato il limite del buonsenso. Le procure dovrebbero indagare, processare ed eventualmente condannare gli individui per le loro condotte ritenute sospette ed illecite, invece sempre più tendiamo a demandare alle nostre corti il compito di giudicare la moralità o l’immoralità di comuni atteggiamenti umani che nulla hanno di penalmente rilevante. Non lamentiamoci poi se la Giustizia ci risulta ingolfata.