Dicono che le sue funzioni dovrebbero essere soprattutto due: ricordare ai milanesi e agli italiani tutti le loro colpe (sebbene non si comprenda esattamente quali siano), affinché essi se ne vergognino, nonché “decolonizzare la città” (sic!), non si sa però da chi né da cosa. All’interno del parco dedicato al giornalista Indro Montanelli, la cui statua è stata deturpata con secchiate di vernice rossa a giugno scorso da un gruppo di vandali, domenica pomeriggio è stato eretto dai centri sociali un nuovo monumento, scolpito da Mor Talla Seck, artista senegalese, in onore di un tizio che sarà famoso dalle sue parti, ossia in Burkina Faso, ma a queste latitudini non è altro che un perfetto sconosciuto, che nulla ha compiuto nella nostra patria.

Si tratta di tale Thomas Sankara, rivoluzionario anti-colonialista africano che fu presidente del Burkina Faso, di cui una massima è incisa su una targa che correda l’opera in ferro: “Dobbiamo decolonizzare la nostra mentalità e raggiungere la felicità”. Frase che peraltro non comunica un tubo. Ma vabbè!

Accanto ad un Montanelli assorto, intento alla macchina da scrivere, seduto su una pila di giornali, è stato posto Sankara che alza il braccio, rigorosamente sinistro, forse in segno di saluto. I bambini che passavano di lì domenica chiedevano a babbo e mamma chi diavolo fosse quel tipo e i genitori non erano in grado di rispondere, ma non perché noi italiani siamo brutti, cattivi e razzisti, bensì soltanto perché è lecito e naturale che ogni Nazione abbia i suoi miti e – ne converrete – Sankara non è uno dei nostri. Del resto sembra che il militare nutrisse un odio morboso nei confronti dei nostri alleati, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Eppure si pretenderebbe che noi lo celebrassimo come fosse un nostro eroe.

I promotori dell’iniziativa hanno fornito le loro esaurienti spiegazioni: “Questo monumento è un atto di condivisione del sapere, serve a raccontare una realtà che Montanelli nascondeva e disprezzava, troppo impegnato a propagandare la purezza della razza bianca”. Tuttavia, non ci risulta che il fondatore del Giornale si sia dedicato a questo genere di attività.

Mai ci sogneremmo di recarci in Burkina Faso e piazzare per le strade o nei parchi statue di Giulio Cesare, Garibaldi, Cavour, Manzoni, Colombo. Ma in un Occidente plagiato dal perbenismo ideologico e attualmente dedito ad un folle revisionismo storico è fatto obbligo di abbattere le vecchie sculture commemorative sostituendole con altre politicamente corrette, come appunto quella di questo Sankara, che – non per assenza di ospitalità, ci mancherebbe, ne abbiamo fin troppa – sarebbe opportuno se ne stesse a casa sua e non in uno dei nostri parchi.

La statua è stata rimossa dalla polizia locale, in quanto era stata condotta in quell’area illegittimamente. Tuttavia, la vicenda merita alcune riflessioni.

Il senso di colpa dell’Occidente finirà con l’annientarlo. È a causa di questo sentimento che i popoli occidentali stanno cancellando le loro radici, rinunciando alle loro tradizioni e abdicando alla propria civiltà, considerata inumana. È per mondarci dai certi presunti crimini che stiamo perpetrando da lustri una sregolata politica di accoglienza, basata su un unico pazzo criterio reso indiscutibile: chiunque ha diritto di entrare in Italia in qualsiasi maniera, ma allo stesso tempo chi vi si insedia non ha nessun dovere verso chi lo ospita. È per effetto del senso di colpa che ci è stato ideologicamente imposto di guardare al migrante clandestino sempre e soltanto come a un profugo di guerra, che fugge da fame e miseria, nei confronti del quale su di noi grava un vincolo morale a inglobarlo e mantenerlo a vita. È in virtù del bisogno di espiare i nostri “peccati” che ripuliamo il linguaggio da termini ritenuti offensivi, sfrattiamo Gesù Bambino dal presepe, eliminiamo la mortadella dai tortellini, sfregiamo le nostre statue e imponiamo idoli altrui. Non siamo un Paese vinto, siamo un Paese già arreso, che sventola bandiera bianca, a cui non interessa affatto salvaguardare la propria cultura, la propria matrice. Ci rimproveriamo delitti che non abbiamo realizzato e mai che ci ricordassimo che il Bel Paese è la culla di tutte le arti, della civiltà e pure del diritto. Ma, come affermava il giudice costituzionale Virgilio Andrioli, “l’Italia è la culla der diritto ed er diritto ce s’è cullato così bene che s’è addormito e nun se sveia più”.

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