La decadenza di una civiltà si esprime bene nella ossessione moralistica, nella guerra al vocabolario, nel conformismo a cui ci si piega per il terrore di ritrovarsi esclusi, nella tendenza a trasformare vizi e peccati in delitti meritevoli di adeguate pene e punizioni, si spera severissime, la cui comminazione dovrebbe essere demandata addirittura a tribunali già intasati. A finire sul banco degli imputati, al cospetto di una giuria femminile astiosa e risoluta, sono stati stavolta quegli uomini tanto arditi da osare rivolgere a donne sconosciute e non un banalissimo complimento.

E qui una distinzione è doverosa oltre che netta: un conto sono i commenti gentili, un altro le espressioni volgari, oscene e petulanti, le quali creano un senso di disagio in chi ne è oggetto e risultano per questo moleste. Tuttavia ad essere censurati e messi al bando ora sono pure i primi, ossia quegli apprezzamenti, in fondo, assolutamente innocenti, che da sempre i maschi esprimono nei confronti delle femmine e che alle signore non hanno mai dato fastidio, mai le hanno indignate, offese, mai si sono sentite oltraggiate da una frase del tipo: “come sei bella”, o “complimenti alla mamma”, o “mi hai fatto innamorare”, o addirittura “quanto sei bona”.

Forse, essendo donna, ci si aspetterebbe da me la confessione che tali parole mi suonano insultanti. Ma non riesco a mentire. Esse mi fanno sorridere. Qualche volta mi hanno persino messo addosso il buonumore perché le ho trovate alquanto divertenti. Tuttavia le femministe dei nostri giorni (e pure dei nostri stivali) pretendono di uscire di casa e di non essere notate, che nessuno si permetta di guardarle e ammirarne il bel volto, lo sguardo luminoso, il sorriso, la fisicità. Chi esterna sorpresa per tanta bellezza è una specie di criminale, un delinquente, un individuo pericoloso, un potenziale stupratore che andrebbe gettato in gattabuia, possibilmente buttando via la chiave. Invece egli è semplicemente un uomo che indirizza un complimento ad una donna, comportamento che non costituisce reato, come non costituiscono reato i complimenti che le donne – sempre più di frequente, per un bizzarro ribaltamento dei ruoli – indirizzano agli uomini.

Chissà che fatica appartenere al sesso maschile oggigiorno! Immagino confusione e sgomento che devono albergare nella mente dei ragazzi: se fanno un complimento sono porci, se non lo fanno sono freddi; se fanno il primo passo sono pervertiti, se non lo fanno, addormentati; se corteggiano sono noiosi, se non corteggiano, “non sono abbastanza virili”. Ci adoperiamo per disorientarli e non stupisce dunque che il dubbio li tormenti allorché si imbattono in una che gli piace: “Rischio di molestarla se le rivelo che sono pazzo di lei?”.

È opportuno dunque un chiarimento: i complimenti, anche quelli di cui si è lamentata sui social network Aurora Ramazzotti, non sono atti perseguibili, sebbene qualcuno proponga di inserire nel codice penale e disciplinare il crimine di adulazione. Per la legge, inoltre, un complimento isolato, quantunque colorito, non rappresenta un reato. Lo diviene nell’ambito di una condotta reiterata e insistente da parte di un medesimo soggetto, condotta la quale, provocando sofferenza nella persona che ne è vittima, configura il reato di molestie e disturbo.

Anche soltanto ipotizzare di denunciare un individuo in quanto per strada ci ha fatto un fischio o ha dichiarato che abbiamo un bel posteriore è una boldrinata. Il soggetto in questione sarà pure un cafone, ma colei che si dice da costui importunata, molestata, perseguitata, umiliata o ingiuriata soffre di quella patologica regressione oscurantista che – ahinoi – affligge la società intera.

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