È finita l’epoca dalle barbie, oggi la regina delle bambole è la “reborn”, che riproduce le fattezze di un neonato tanto da sembrare un bimbo vivente. In Italia, Paese alle prese con il problema della bassa natalità, rinunciamo all’idea di mettere al mondo un altro figlio, ma compriamo online bambolotti iperrealistici, su cui riversare il nostro fisiologico bisogno di dare amore.

Ma non chiamatele “pupazzi”. “Le reborn sono opere d’arte, mica giocattoli. Devono essere trattate con cura, per questo ne sconsiglio l’acquisto per i bambini”, spiega Giorgia De Lapis, 24 anni, leccese laureata in psicologia, che coltiva questa sua – per molti bizzarra – passione fin da piccola, ma che ha ricevuto in dono da parte del suo fidanzato il primo “neonato finto” a 19 anni.

È stato subito amore: Giorgia ha iniziato a fare video alla sua reborn, caricati poi sul suo personale canale youtube. “Nei filmati le cambiavo i pannolini, le mettevo il borotalco, la vestivo, le davo il biberon, la cullavo, andavamo a trovare i nonni in macchina con il mio compagno. È così che il mio canale ha iniziato ad avere un successo clamoroso, con milioni di visualizzazioni in breve tempo”, continua Giorgia, che non ha resistito all’acquisto di un fratellino made in Italy per la sua prima “bimbetta”.

Da qualche anno la psicologa collabora con un’artista di Parma, Jennifer Zanazzi, 38 anni, che produce a mano le bambole, che hanno un prezzo che va dai 350 ai 900 euro e vengono spedite all’acquirente con tutto il corredo: pannolini, biberon, vestitini, scarpette, accessori per i capelli e chi più ne ha più ne metta. Non manca neanche il certificato di nascita.

“Circa il 70% dei nostri clienti è costituito da mamme che regalano alle figlie una reborn. Per il resto si tratta di donne di ogni età, sia giovani che anziane, soprattutto single, che non hanno mai messo su famiglia o che si ritrovano a casa da sole dopo avere cresciuto la prole. Molte ci mandano vecchie foto dei loro figli, chiedendoci di fabbricare bambole che siano identiche ai soggetti ritratti”, racconta Giorgia.

Le cultrici, che si mettono in contatto tramite i social network, organizzano incontri al parco, in compagnia delle rispettive “neonate”, si scambiano consigli, si confrontano, come fanno le madri vere e proprie. Una delle prime acquirenti di Giorgia e Jennifer viveva con i genitori anziani e non aveva mai avuto figli, quindi desiderava occuparsi di una riproduzione realistica, da coccolare e persino viziare.

“Alcune spendono ogni mese centinaia di euro in abbigliamento ed oggettistica di vario tipo, come seggiolino per auto, carrozzina. Questo ha sollevato una polemica perché molti ritengono che sia ingiusto buttare i soldi in beni che non sono destinati a minori in carne ed ossa, dato che sono tanti quelli abbandonati o che vivono al di sotto della soglia di povertà”, ma le appassionate replicano di essere libere di utilizzare il loro denaro come gli pare.

Le reborn piacciono tanto perché colmano un vuoto, soddisfano un bisogno, fanno compagnia. Ed in più, – dettaglio non trascurabile -, non rompono le scatole. “Se hai poca pazienza, sono i figli ideali”, osserva Giorgia, che, quando è sola, dorme con la sua bambola. Il loro rapporto è così stretto che spesso suscitava le gelosie del fidanzato, ormai diventato ex.

In questi anni De Lapis ha studiato le reazioni di chi prende in braccio tali pupazzi, che hanno anche il peso di un neonato vero e reclinano la testa all’indietro se questa non viene sorretta. “Secondo alcune ricerche americane, cullare una reborn provoca un rilascio di ossitocina, ormone della felicità. Anche io l’ho riscontrato sulle mie clienti. Ecco perché molte donne non riescono a distaccarsi dalla propria “neonata finta”, quando escono se la portano dietro, ovunque siano dirette. Si sviluppa una sorta di dipendenza emotiva”, illustra Giorgia, che di recente, insieme a Jennifer, ha condotto un nuovo esperimento a Bologna, andando in giro con una reborn e trattandola con negligenza.

“I passanti mi osservavano come fossi una madre snaturata, perché fumavo in faccia a mia figlia, o la sorreggevo in modo scorretto. I poliziotti si sono avvicinati invitandomi ad allontanarmi dalla linea gialla del treno per non mettere in pericolo la bambina”, afferma divertita la laureanda.

Persino il sesso forte non resiste al richiamo di un figlio di plastica. “Il 5% dei nostri acquirenti è costituito da single di sesso maschile, alcuni omosessuali. Essi sono molto pignoli. Se riscontrano un minimo difetto, chiedono che il bimbo venga sostituito”. Insomma, anche gli uomini coltivano in segretezza i loro sogni di paternità.

È facile amare un fantoccio. Peccato che sia più difficile amare le persone. Quelle vere.

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