Oggi ho subito un altro attacco, ma stavolta da una giornalista di un quotidiano che considero “testata amica”, ossia il Giornale, anche perché per lustri esso è stato magistralmente diretto da Vittorio Feltri, il quale per me è un secondo papà, un punto di riferimento da cui attingo tanti insegnamenti sia professionali che umani. A denigrare i miei articoli ed il mio modo di fare giornalismo è stata dal nulla una collega che non avevo mai notato e con la quale non ho mai interagito, Chiara Giannini.

Quando ho sottolineato che il suo commento era poco carino nei confronti del lavoro, peraltro ben documentato, di una collega, ella mi ha risposto: “Cara Azzurra, perdonami, ma credo che ci siano argomenti molto più seri da trattare. Non fare la vittima con me, gentilmente. Anziché scrivere di rondini e rondoni, vieni a Lampedusa, con me e altri tuoi colleghi, a seguire sul campo. Il giornalismo serio si fa così. Non raccontando favolette”. Devo concluderne che per Giannini non è serio occuparsi della discriminazione subita in Europa dai proprietari di cani, che sono bersaglio di aggressioni da parte di musulmani i quali reputano impuri i cani. Pensate che a Londra i tassisti islamici non accettano sui loro mezzi persone accompagnate da fido, ma purtroppo di frequente si tratta di individui che non possono fare a meno del cagnolino essendo non vedenti. Nell’articolo incriminato riportavo pure qualche episodio di intolleranza (lo trovate su questo sito: “Per gli islamici fido è impuro. Ecco perché i possessori di cani sempre più spesso subiscono atti di violenza e intolleranza pure in Europa”).

Dunque, Giannini vuole insegnarmi “il giornalismo serio”, che lei evidentemente conosce ed io ignoro. Si pone sulla cattedra e si propone di farmi la lezione, non so a quale titolo. Vabbè. Ella sminuisce il mio lavoro, ma così sminuisce anche i lettori che lo apprezzano, poiché a piacere ai lettori non sono soltanto i miei articoli di politica e stretta attualità, bensì pure quelli che riguardano gli animali, anzi forse sono i più apprezzati. Quando vi narro le storie di bestie, in tanti mi scrivete e mi ringraziate commossi.

Lo faceva anche Dino Buzzati sul Corriere della Sera, pezzi che resteranno imperituri e che oggi compongono libri ed antologie. Io li leggo e li rileggo con passione e non mi stancano mai. Giannini considererebbe le cronache di Buzzati roba non seria, giornalismo di serie B, o C, o D, o addirittura Z. Per Giannini è seria soltanto la cronaca degli sbarchi fatta da Lampedusa. O in generale quello che verga lei e non quello che vergo io. Il mio articolo sul rondone, trovato per strada e salvato per miracolo non serve a un cazzo. Spazzatura inutile. Robaccia penosa e ridicola.

Ecco il giornalismo freddo che mi si vorrebbe inculcare ma a cui io non mi piegherò mai. Io non sarò mai come voi. Per me il giornalismo deve essere e restare umano, raccontare la vita, i fatti, le storie della gente comune, non soltanto riportare i dati degli sbarchi, quanti immigrati sono scappati dal centro di accoglienza, a che ora sono arrivati. Cose che pure faccio per denunciare questo sistema illegale che ormai vige in Italia e che non ha nulla di umano, semmai tanto di disumano.

Il mio direttore mi ripete spesso: “Montanelli mi diceva non è importante il tema che tratti ma come lo tratti”. E proprio Vittorio Feltri mi ha insegnato a dare risalto a questo tipo di storie, quelle che coinvolgono gli animali. Lo devo a lui se ho assorbito questo genere di sensibilità nei confronti delle notizie che hanno a che fare con i nostri amici pelosi. Si può imparare tanto dai quattro zampe. Anzi, sono convintissima che ho più da imparare dagli animali che non dalle dotte lezioni di “serio giornalismo” che vorrebbe impartirmi – senza che io lo abbia richiesto – la signora Giannini in compagnia di altre penne.

Questo snobismo intellettuale applicato al giornalismo mi fa proprio schifo. Per me invece non esistono argomenti più importanti di altri, è importante tutto ciò che interessa al lettore, ciò che lo emoziona, coinvolge, incuriosisce, ciò che lo tocca nel profondo lasciando il segno. Io custodisco le lettere dei miei lettori in cui mi comunicano che hanno strappato le pagine del giornale con i miei pezzi per conservarli. Chissà se anche a Giannini accade. Mi sia consentito dubitare. E mi piace pensare che da qualche parte, riposti in vecchi armadi, tra tante cianfrusaglie, ci sia un pezzo di me, del mio cuore, perché io lascio il mio cuore sulla pagina. Ed il lettore lo sente. Lo percepisce.

Il cuore non si può insegnare. Per imprimerlo sul foglio occorre averlo. Non servono le lezioni della professoressa di giornalismo serio Giannini.

Vi confesso che sono davvero stanca di ricevere ogni giorno insulti dai colleghi. Io vivo quasi appartata, sono riservata, rifiuto gli inviti in tv, agli eventi e alle feste. Mi piace leggere e scrivere, investigare, indagare, approfondire, per raccontarvi i fatti, inoltre curare il mio sito, nato da poco più di un mese. Eppure mi rendo conto che non basta estraniarsi da certi ambienti per proteggersi dai peggiori sentimenti umani. Ci schizzano addosso pure attraverso i social network, ad esempio.

Io seguiterò a fare il mio giornalismo. Con il mio stile. A modo mio. Però sempre con onestà, lealtà e cuore.

Questa è l’unica promessa che vi faccio.

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