Da un lato, la ricerca scientifica; dall’altro, i diritti degli animali, i quali sono esseri senzienti, quindi proprio come noi capaci di provare dolore sia fisico che emotivo. Tale conflitto, che forse non dovrebbe neppure venire posto in essere, è stato risolto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, dopo avere sospeso per ben due volte l’autorizzazione alla sperimentazione sui macachi, il 28 gennaio, nell’udienza finale, ha dato il via libera agli invasivi esperimenti sul cervello delle graziose scimmiette che sono rinchiuse nello stabulario dell’Università di Parma in qualità di cavie.

I macachi detenuti dunque verranno accecati e sottoposti a esami, test, sperimentazioni varie nell’ambito del progetto denominato “Light-up”, che ha come obiettivo quello di combattere la cecità. Lo studio, autorizzato all’Università di Torino dal Ministero della Salute, eseguito a Parma e finanziato con fondi europei, era stato posto in stand-by da oltre un anno dai consiglieri di Stato in quanto, a loro giudizio, non era stata sufficientemente argomentata l’impossibilità di ricorrere ad altri metodi di ricerca i quali non comportassero la prigionia e la tortura, poiché di questo si tratta, di creature innocenti, inoltre il Consiglio di Stato aveva messo in rilievo il fatto che l’eventuale perdita dei fondi legati al progetto sarebbe stato elemento del tutto secondario “rispetto alla cecità provocata in sei esseri senzienti, con indubbia sofferenza”. Ecco perché la sentenza di giovedì ha lasciato stupiti, amareggiati e delusi gli oltre 440 mila cittadini che, insieme alla Lega Anti-Vivisezione (LAV), si sono battuti in questi due anni affinché le scimmie venissero liberate e fino alla fine hanno creduto in un esito felice della faccenda, anche perché quella dei macachi rientra tra le specie vietate per legge a scopo di ricerca, se non in casi eccezionali in cui l’autorizzazione viene accordata ma solo se ricorrono condizioni tassative.

Per le sei bestioline oramai non c’è più speranza di salvezza ed esse hanno già patito addestramenti forzati, anestesie ripetute, interventi chirurgici, viaggi di parecchie ore, anche di giorni, analisi. Al supplizio delle operazioni si aggiunge l’agonia che deriva dall’allontanamento dal proprio habitat naturale nonché dalle proprie mamme allo scopo di essere imprigionate in piccole gabbie, all’interno di freddi laboratori in cui non vengono accarezzate, amate, accudite, bensì trattate alla stregua di oggetti funzionali alla scienza.

Davvero il progresso scientifico non può fare a meno di infliggere sevizie agli animali? Insomma, la ricerca può avanzare soltanto a patto che l’uomo deponga la sua umanità e sia crudele nei confronti delle creature che non sono in grado di difendersi? Secondo la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Ricerca senza animali, la quale annuncia che l’associazione animalista non si arrenderà, pure in Italia “si continua a volere salvaguardare una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca”, metodi che non impongono lo sfruttamento sadico dei quattro zampe.

“È una sconfitta non solo per gli animalisti ma anche per chi crede in una scienza davvero a beneficio dell’uomo, non inutilmente spietata con le bestie. Non chiamatela scienza moderna, trattasi di macelleria. Al di là del giudizio del Consiglio di Stato, la condanna morale permane”, ha commentato dell’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della LEIDAA, sottolineando che non vi sia “alcuna valida ragione che possa giustificare lo strazio di un essere vivente”.

Per i macachi di Parma non c’è più nulla da fare, dunque. Il loro destino è segnato. Sono rimasti parcheggiati in cella senza la possibilità di correre, giocare, socializzare, godere della luce, dell’aria, di una carezza, le loro tribolazioni più gravi tuttavia erano soltanto rimandate e adesso arriveranno: mani avvolte in guanti sterili li preleveranno dalle loro gelide cucce di metallo, no, non per donare loro il conforto di un abbraccio, bensì per condurli, ancora una volta, in sala operatoria, verranno privati persino della vista e condannati a campare, per il tempo che gli verrà concesso, nel buio più buio che esista.

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