È quasi del tutto vegetariano, non è aggressivo, ama la solitudine e le passeggiate notturne nei boschi al chiaro di luna. Ha una testa grande e tondeggiante, il pelo bruno-fulvo, e può campare facilmente oltre i vent’anni. I maschi arrivano a superare i 230 kg, le femmine raramente i 140. L’orso marsicano, sottospecie a rischio di estinzione dell’orso bruno europeo, possiede caratteristiche uniche e vive soltanto nell’Italia centro-meridionale e in nessun’altra parte del pianeta.

Nei boschi di faggi e querce dell’Appennino centrale, all’interno del Parco Nazionale di Abruzzo Lazio e Molise, dimora una comunità di circa 50 esemplari (nel Bel Paese si contano in tutto un centinaio di orsi bruni), numero esiguo che permane inalterato da decenni nonostante gli sforzi profusi da associazioni ed enti al fine di incrementare la popolazione dei marsicani.

Dal 2016 si è registrato un aumento dei nuovi nati (in totale 10, 12 nel 2017 e 11 nel 2018), anche grazie ai parti trigemini delle mamme, segno che esse sono in salute e si nutrono bene. Tuttavia, la mortalità dei cuccioli è alta, solo il 50% di essi raggiunge l’età adulta. A ciò vanno sommate le patologie dovute alla consanguineità, l’azione dei bracconieri, i quali approfittano dell’appetito notevole dell’orso uccidendolo con esche avvelenate oltre che con fucilazione e trappole, gli incidenti con le auto, la tubercolosi bovina che qualche volta contraggono, la scarsa attenzione prestata dall’uomo alla salvaguardia e al benessere di questi splendidi animali.

Sono copiosi, infatti, i pericoli di origine antropica. Lo scorso novembre, in località Le Fossette, L’Aquila, un escursionista ha rinvenuto tre orsi morti annegati dentro una piscina abusiva per la raccolta dell’acqua piovana, costruita negli anni Sessanta. Si trattava di una madre con i suoi due cucciolotti. Ed è probabile che un piccolo, o entrambi, sia finito dentro la vasca e che la genitrice per salvarlo si sia a sua volta gettata in acqua, seguita dal secondo orsetto. Nel 2010 in quella stessa piscina avevano perso la vita altri due individui, una femmina di sei anni e il suo piccolo di 18 mesi. In seguito a questa vicenda l’area era stata recintata, ma è probabile che i pastori, per prelevare acqua per i propri animali, abbiano divelto la recinzione.

Nei confronti di codeste bestie sopravvivono numerosi pregiudizi che fanno sì che l’orso venga considerato un nemico di allevatori e contadini, per le sue razzie di bestiame nonché di ortaggi e frutta.

Tuttavia, l’orso marsicano si nutre in prevalenza (90%) di frutti di faggio, mele, pere, castagne, nocciole, ciliegie, amarene, prugne. E, quando vi si imbatte, pure di carcasse. Solo quando è proprio affamato e la frutta ancora scarseggia, come in primavera, può cibarsi di animali di piccola taglia, come uccelli e conigli. Non usa gli affilati artigli per ammazzare asini, bovini ed ovini, con i quali va d’accordo, almeno finché non frega loro carote e altre leccornie. E se per caso nel bosco incontra il lupo degli Appennini, neanche lo saluta.

Beh, qualche volta succede che l’orso gli rubi una preda già cacciata, ma anche i lupi possono rappresentare una minaccia per gli orsacchiotti. Tuttavia, difficilmente i piccoli sfuggono all’attenzione di mamma orsa, che li tiene avvinghiati a sé per 2-3 anni (la gestazione dura sei mesi e il parto si verifica in media ogni 4 anni) e per tutelarli può diventare spietata e molto minacciosa anche per gli esseri umani.

Certo, è cosa nota che questo mammifero abbia una debolezza: è ghiotto di miele. Può rubarlo e divorarlo nel giro di un minuto. E non disdegna neanche il pollo. Come Mario, marsicano che alla vista di una gallina perde la testa. È stato beccato spesso intorno ai pollai e nel 2017, a Villavallelonga, si è introdotto persino all’interno delle abitazioni, giusto per controllare se in cucina ci fosse il tacchino al forno.

A guidare l’orso marsicano è il suo potentissimo fiuto. Tuttavia, non si sposta più di tanto, gironzola sempre nel parco o poco al di fuori dei suoi confini. Si tratta di un animale abitudinario, territoriale (ciascun esemplare delimita un’area riservata che si estende dai 10 ai 200 km quadrati), pigro e piuttosto schivo. Non vuole scocciature e non le procura. Durante l’autunno pure l’orso dell’Italia centrale, come il suo cugino delle Alpi, è colpito da iperfagia: inizia a ipernutrirsi, ingurgitando grosse quantità di cibo senza sosta, al fine di accumulare strati di adipe in vista del lungo letargo invernale.

Accoppiandosi tra loro con conseguente riduzione della variabilità genetica, i plantigradi dell’Appennino sono sempre più soggetti a malattie. Né per risolvere il problema è possibile introdurre nel loro habitat orsi proveniente da Nord. L’ibridazione condurrebbe all’estinzione dell’orso marsicano, sottospecie unica per l’isolamento in cui ha vissuto per millenni. Non ci resta che impegnarci di più per salvaguardare gli orsi, la cui presenza ed il cui incremento sono prova tangibile della salubrità del nostro ecosistema.

Articolo pubblicato su Libero il 16 giugno del 2019

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