C’è chi il lavoro non ce l’ha e lo cerca e chi ce l’ha e lo diserta. Si stima che in media, nei comuni italiani, i dipendenti pubblici si assentino circa 50 giorni l’anno (rapporto Ermes 2017), ossia quasi due mesi di latitanza. E ciò comporta un aggravio di spese per la pubblica amministrazione nonché disagi vari per i cittadini.

Gli ultimi ad essere stati pizzicati con le mani nel sacco, anzi con le mani in mano, sono stati 30 soggetti, di cui 12 sono stati arrestati ed uno ha ricevuto l’obbligo di dimora, tra dirigenti medici, infermieri, impiegati amministrativi e tecnici manutentori dell’ospedale Don Tonino Bello di Molfetta, in provincia di Bari, i quali avevano costituito una sorta di associazione a delinquere, mettendo in piedi un sistema di mutuo soccorso volto a facilitarsi reciprocamente nell’opera di fottere l’Azienda Sanitaria Locale timbrando il cartellino ma facendo i propri porci comodi altrove. Gli indagati dovranno ora rispondere a vario titolo di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e peculato.

Dalle indagini è emerso che il personale si serviva anche della collaborazione di un personaggio esterno alla Asl di Bari, il quale si recava in ospedale per registrare la presenza degli assenti. Questi ultimi intanto svolgevano attività in altre strutture, o si dedicavano a incombenze e passatempi personali nelle ore in cui avrebbero dovuto essere in corsia. La vicenda ha addirittura un risvolto comico e grottesco: a giocarsi le giornate lavorative erano persino alcuni impiegati dell’ufficio deputato alle rilevazioni di presenze ed assenze, i quali avevano il compito quindi di supervisionare la condotta di tutti gli altri dipendenti. “Quis custodiet ipsos custodes?”, ossia “chi sorveglierà i sorveglianti stessi?”, è la vecchia problematica sollevata dal poeta latino Giovenale in una delle sue satire. Egli però si riferiva alle moglie fedifraghe, a cui mariti consigliava di sprangare la porta. Noi, invece, ci riferiamo a gente remunerata, la quale anziché adempiere al proprio dovere predilige abbandonare pazienti e malati. Di certo, non è possibile sigillare le entrate e le uscite di cliniche ed uffici pubblici e privati per indurre i lavoratori a non dileguarsi. “È di certo ridicolo che un custode abbia bisogno di un custode”, sottolineava Platone ne “La Repubblica”. Tuttavia, in Italia accade pure questo.

A metà giugno sono stati rinviati a giudizio 18 impiegati comunali di Ficarra, in provincia di Messina. Tra il novembre del 2016 e il febbraio del 2017 i carabinieri avevano documentato mediante una serie di filmati un assenteismo sistematico consistente in 12 mila e 500 minuti accumulati in 60 giorni lavorativi. I dipendenti entravano ed uscivano dagli uffici quando ne avevano voglia, raggiungevano il bar, andavano a fare compere, passeggiavano. Allorché nell’aprile del 2018 ai furbetti furono notificati i provvedimenti di sospensione dal servizio per truffa aggravata e continuata ai danni dell’ente pubblico e false attestazioni, sbottarono: “Ma qui sono trent’anni che si fa così”. Trent’anni che si batte la fiacca, insomma. Difficile smettere.

Ad aprile scorso 18 dirigenti medici, 3 infermieri e 6 amministrativi dell’ospedale San Rocco di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, furono coinvolti in un’indagine dalla quale emerse che avevano stipulato tra loro un accordo verbale per coprirsi le spalle a vicenda e starsene a casa durante l’orario di servizio. Uno degli indagati si era addirittura recato in vacanza all’estero, affidando al figlio l’onere di timbrare il cartellino in sua vece. È così del resto che si educa la prole: dando il buon esempio. Gli fa un baffo quel funzionario dell’ente nazionale aviazione civile, occupato presso l’aeroporto di Olbia, che ogni anno da maggio a fine agosto si assentava dal posto di lavoro per malattia per fare da guida turistica abusiva, cioè in nero, in Costa Smeralda. Insomma, anziché indossare la divisa, se ne stava in costume e ogni dì accompagnava i turisti in rilassanti gite in barca nonché a cena negli agriturismi della zona. I suoi affari per l’estate 2019 sono sfumati a febbraio scorso. Eppure c’è di peggio: a Bari nell’ottobre del 2017 furono arrestati due dipendenti di una società che gestisce i servizi di portineria negli ospedali, i quali abbandonavano il luogo di lavoro per dedicarsi alla loro proficua attività di usurai.

Il fenomeno è diffuso lungo tutta la penisola. Il record di assenze è quello conseguito dai dipendenti pubblici di Locri, in provincia di Reggio Calabria, impossibile trovarli in ufficio 99,4 giorni l’anno. Le regioni più virtuose, che si attestano cioè su valori medio-bassi (45-50 giorni di mancata presenza) sono Lombardia, Veneto, Toscana, Campania e Molise.

Ora il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno garantisce che è finita la pacchia per questa classe di imbroglioni ed è quasi tramontata l’epoca delle truffe. Un regolamento della legge Concretezza prevede infatti che gli accessi a lavoro dei dipendenti pubblici avvengano non timbrando il cartellino, gesto che può compiere pure un sostituto, bensì mediante apposizione delle impronte digitali. E chissà che qualche assenteista patologico – abbondanti nel Bel Paese – non sia disposto a tagliarsi la mano pur di restarsene comodo.

Articolo pubblicato su Libero il 9 luglio del 2019

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