di Fabrizio Maria Barbuto
«Mi chiamo Bond. James Bond!» Nessuno pronuncerebbe questa battuta meglio di chi ha alle spalle un passato travagliato e dinanzi a sé un futuro di riscatto. Per vestire con charme i panni dell’agente segreto più sexy, occorre quel pizzico di consapevolezza dato dalla certezza di poter sempre contare su se stessi.
Non a caso, Daniel Craig, è uno dei più indimenticabili James Bond di sempre: in molti ignorano i suoi trascorsi da senzatetto. In tempi non sospetti, ha condotto una vita simile a quella di parecchi vagabondi dei quali incrociamo lo sguardo lungo i marciapiedi delle più affollate metropoli.
Ha appena 16 anni quando abbandona gli studi scolastici per intraprendere quelli attoriali: viene ammesso alla prestigiosa National Youth Theatre, e, per garantirsi la frequenza, è costretto a trasferirsi. Arrivato a Londra, deve scendere a compromesso con la realtà: se a Liverpool la giovane esistenza di Craig equivaleva ad una goccia nello stagno, nella dispersiva e gigantesca capitale britannica, diviene una stilla nell’oceano.
Senza più denaro e risorse, si mette alla ricerca di un lavoro. Troppo impreparato alla vita per trovare qualcosa di più remunerativo di un impiego da lavapiatti, così decide di vivere alla giornata: i suoi letti più comodi diventano le panchine della periferia londinese, dove si raggomitola al termine di ogni giornata di sottopagato andirivieni, prima nelle cucine dei ristoranti a strofinare e rassettare le stoviglie, poi avanti e indietro lungo le sale da tè, a servire tisane e biscottini. Ma osservando le clienti zuccherare i decotti, zolletta su zolletta, si sprona a credere che anche la sua acre esistenza riuscirà ad acquisire un po’ di dolcezza.
Nel 1992, il suo debutto cinematografico, ripaga la lunga attesa. Il titolo della produzione sembra portare con sé un messaggio profetico: The Power of One (Il Potere di Uno), ed infatti per Craig, che ha sempre fatto leva sulle sue sole risorse, quello rappresenta il primo passo verso la consacrazione.
Noi ci abbiamo provato a sollecitarvi a credere nelle vostre energie, mettendole al servizio dei sogni più inconfessati, ma se la storia di Craig non fosse ancora sufficiente a ridarvi la carica, forse è meglio di sfoderare altri validi esempi di chi, da un passato di vagabondaggio, è approdato alla fiaba: è il caso di James Cameron (regista di Titanic), il quale, facendo fatica ad arrivare a fine mese, fu costretto a dormire a bordo della sua auto di seconda mano.
Come lui anche Jennifer Lopez, che, non avendo fissa dimora, si assopiva su giacigli improvvisati, come i divanetti delle sale prova. Che dire, poi, del premio Oscar Hilary Swank: a corto di denaro utile a permettersi una casa, crebbe in roulotte. Ed Ella Fitzgerald, ce l’avete presente? Ecco, provate a sovrapporre alla sua tipica immagine debordante di accecanti lustrini quella di una umile girovaga: è esattamente ciò che è stata, prima di essere travolta dal successo. Un giovanissimo Sylvester Stallone, al suo arrivo a New York, pernottò presso i più umili ostelli della Grande Mela: le panchine della stazione dei bus.
Ma se oggi il firmamento di Hollywood è così sfolgorante, è anche merito della luce di coloro i quali, nelle più infauste circostanze, hanno trovato l’entusiasmo per continuare a risplendere.
Fabrizio Barbuto