Ci mancava soltanto Naomi Campbell, dopo il calciatore Mario Balotelli, a piagnucolare lamentando di essere stata discriminata in ambito lavorativo a causa del colore della pelle. Ora siamo proprio al completo. “Mi negano le copertine delle riviste perché sono nera”, ha sostenuto in un’intervista al Times, non senza una bella faccia tosta, la top model cinquantenne, denominata “Venere nera” e adorata da stilisti del calibro del calabrese Gianni Versace, il quale ne fece la sua musa. Calca le passerelle dei marchi più prestigiosi da decenni, contesa dai designer che vogliono garantirsi la sua presenza alle sfilate, campeggia tuttora sulle copertine di giornali patinati eppure Naomi accusa chi l’ha trasformata in una dea, ossia l’industria del fashion prostrata da sempre ai suoi piedi, di razzismo.
Se fosse stata bianca Campbell non avrebbe avuto lo stesso successo, la sua carnagione ha costituito il suo punto di forza, Naomi insomma è diventata una icona non “nonostante fosse nera”, bensì “proprio in quanto nera”. Ecco il motivo per cui le sue recriminazioni appaiono fuori luogo, una maniera di cavalcare le ultime polemiche che stanno infiammando la società americana e non soltanto quella. La modella punta il dito in particolare contro l’Italia: nel giugno del 1988 Vogue Italia la mise in copertina, ma ella – poverina – pianse tutte le sue lacrime poiché il truccatore non aveva un fondotinta abbastanza scuro, dato che nessuno gli aveva riferito che la ragazza che avrebbe dovuto truccare per il servizio fotografico sarebbe stata colorata. Così il tizio dovette mescolare prodotti di tonalità diverse che finirono con il conferire al viso di Naomi un incarnato spento, quasi grigio.
Secondo Campbell, che ha narrato affranta l’episodio alla BBC, si trattò di un atto di razzismo. Roba da matti. Per Naomi, che da allora non se ne va mai in giro senza il suo fondotinta personale nella borsetta, così dice, la discriminazione si misura in prodotti cosmetici: se sbagli l’ombretto sei un seguace di Hitler.
La modella rincara poi la dose, aggiungendo: “L’anno scorso mi hanno negato l’ingresso in un hotel del sud della Francia per il colore della mia pelle”. Ci sia consentito dubitare della veridicità di quanto esposto, poiché, conoscendo tutti il carattere irascibile della signora, è probabile che se ciò fosse avvenuto ella avrebbe distrutto l’albergo in questione e montato su un caso planetario. Chi mai chiuderebbe le porte in faccia ad una top model di fama mondiale e per di più in quanto nera? A noi sembra che la supermodella, che vanta un patrimonio di 60 milioni di dollari, abbia tanta voglia di fare la vittima.
La rivista People l’ha inserita tra le 50 donne più belle sulla Terra. Nel 1986, agli esordi, è apparsa sulla copertina di Elle, nello stesso anno ha posato per il calendario Pirelli 1987, nel 1988 è la prima ragazza di colore ad occupare la copertina di Vogue, prima in Francia, poi in Inghilterra e in Italia, e di Time Magazine. È stata testimonial nelle campagne pubblicitarie di molte case di moda, tra le quali Fendi, Prada, Ralph Lauren, Valentino, Versace, Roberto Cavalli, Dolce & Gabbana, Yves Saint Laurent, Burberry, Louis Vuitton, e chi più ne ha più ne metta. Ha sfilato per Chanel, Givenchy, Christian Dior, Hermès, Oscar del la Renta, Blumarine, solo per citare alcune firme. Eppure Naomi ha l’ardire di tacciare gli addetti ai lavori di averla trattata male, solamente perché adesso va di moda parlare di intolleranza nei confronti delle persone con la pigmentazione color cioccolato, proprio come lo scorso autunno-inverno era in voga il velluto.
Del resto, Campbell non è nuova a questo genere di autocompatimenti. Nel febbraio del 2000 in Canada si era proclamata colpevole di avere picchiato la sua assistente, Georgina Galanis, però era stata assolta poiché senza precedenti. La giustizia è clemente con i neri, soprattutto se famosi. Per giustificare la sua condotta e commuovere il pubblico, Naomi affermò che la sua aggressività era riconducibile ai dispiaceri patiti nel corso dell’infanzia, ovvero all’abbandono subito da parte del padre allorché ella era appena una bimbetta. Campbell in seguito ha continuato a ricorrere alla violenza e sempre per futili motivi. Nel 2006, incriminata di aggressione, fu arrestata nel suo appartamento, a New York, per avere ferito in modo grave la sua domestica ispanica, Ana Scolavino, suturata alla testa in ospedale. In aula si dichiarò “non colpevole”. Nel 2005, invece, in un albergo romano l’indossatrice prese a pugni l’attrice Yvonne Sciò, rea di essere giunta in ritardo a un appuntamento. Tolleranza zero.
Per la venere stronza, che è stata ricoperta d’oro, siamo tutti razzisti, mentre lei sì che è una bella persona. E persino quando mena la colpa non è mica sua, bensì sempre di qualcun altro.
Articolo pubblicato su Libero il 24 giugno del 2020