Alla fine di ogni sfilata gli stilisti compaiono sulla passerella vestiti in modo minimale, o in total white o in total black, poiché protagonista dell’evento deve restare la collezione di abiti da loro disegnata e non la loro persona. Tuttavia, nell’era dei social network anche i creatori di moda sono diventati vere e proprie star dello show-business i cui profili Instagram vengono visitati da milioni di “seguaci” incuriositi dalle loro vite, un tempo misteriose.
Il web, del resto, se bene usato, può costituire un infallibile strumento di espansione su un mercato sempre più liquido ed influenzabile. Basta il post di un cosiddetto influencer per spingere milioni di individui sparsi in tutto il mondo ad acquistare un determinato bene o per imporre una tendenza. Allo stesso modo, è sufficiente un commento inopportuno, o male interpretato, per subire un danno economico e di immagine di proporzioni gigantesche.
È ciò che è avvenuto a Dolce&Gabbana. Gli stilisti del celebre marchio, nonostante fossero molto attivi sulla rete, hanno disperso le tracce da tutte le piattaforme social in seguito all’incidente diplomatico verificatosi su Instagram lo scorso anno. Al fine di promuovere una grandiosa sfilata a Shanghai, in Cina, D&G nel novembre del 2018 aveva pubblicato su internet un video giudicato dal popolo cinese derisorio, maschilista e razzista, poiché vi appariva una fanciulla asiatica alle prese con il vano tentativo di acciuffare gli spaghetti, la pizza e un cannolo siciliano servendosi delle bacchette.
Tuttavia, il peggio avvenne dopo, quando il celebre account DietPrada pubblicò uno scambio di messaggi privati intercorso tra una collaboratrice di DietPrada e Stefano, in cui quest’ultimo risultava essere alquanto risentito per le reazioni scandalizzate che i video promozionali avevano suscitato. La frase più amena fu: “D’ora in poi dirò in tutte le interviste che la Cina è un Paese di merda”.
In sua difesa Stefano affermò che il proprio profilo era stato violato e che non era stato egli a digitare quelle parole. I due artisti pubblicarono altresì un video di scuse in cui apparivano come due cani bastonati. Fu inutile: l’evento speciale a Shanghai non fu mai celebrato, inoltre proprio sui social fu avviata una campagna per boicottare la casa di moda italiana. Campagna a cui aderirono molte celebrità, tanto che gli abiti di D&G sparirono per un po’ dal red carpet, pure perché nessuno è più conformista dei vip: per paura di essere giudicati, criticati e tagliati fuori, si adeguano.
Tuttavia, le creazioni dei due stilisti del Bel Paese sono così straordinarie che resistergli è impossibile. Monica Bellucci, ad esempio, infischiandosene dei dettami del politically correct, ha continuato a fasciare le sue forme dolci e burrose nelle barocche stoffe firmate D&G, maison più delle altre rappresenta l’italianità, quella fatta di pregiati pizzi, merletti, broccati, velluti, opulenza, solarità ed amore verso vita.
Pure qualche giorno fa, al Festival di Venezia, l’attrice, musa di Dolce e Gabbana, portava un abito di pizzo rosso creato per lei dai suoi amici designer. Questi ultimi non sembrano affatto pentiti di essersi disintossicati dal web e di avere fatto un salto nel passato in materia di marketing: non più campagne pubblicitarie social con tanto di stuoli di influencer, bensì un ritorno ai tradizionali giornali.
“In un mondo sempre più globalizzato, esprimere la nostra unicità è diventato ancora più importante. Mentre tutti sono sugli smartphone, comprare la carta stampata potrebbe sembrare un lusso”, hanno spiegato lo scorso febbraio su Vogue Italia Domenico e Stefano, i quali ritengono che solo la carta possa veicolare la loro identità, e hanno aggiunto: “Potere alla stampa”.
Una scommessa che sembra vincente dato che, nonostante il rallentamento delle vendite nell’esercizio 2018/2019 registratosi in Cina, i ricavi totali del gruppo sono cresciuti del 4,9%. Da un lato, c’è stata una contrazione del mercato Asia-Pacifico, sceso in un anno dal 25% al 22% del fatturato complessivo; dall’altro, c’è stata una forte espansione del marchio nelle Americhe, mentre nelle altre aree geografiche i ricavi sono rimasti stabili, Italia 23%, Europa 28%, Giappone 5%.
Ogni volta che qualcuno ha provato a nuocere a D&G, la maison ne è uscita rafforzata. Dobbiamo riconoscere a Domenico Dolce e a Stefano Gabbana, oltre alla resilienza, un’altra qualità fondamentale: il coraggio. Quello di osare, condizione sine qua non per distinguersi nella selva oscura del fashion, e pure quello di cambiare, con la convinzione che tornare indietro a volte può segnare un passo in avanti, o anche di più.
I guru italiani dello stile, che ci piacciono spontanei e veri come sono, ci stanno indicando che i social network sono meno indispensabili di quanto ci appaiano nella nostra quotidianità. Mettendoli da parte per un po’ corriamo soltanto il rischio di essere meno stressati e quindi più felici.
Articolo pubblicato su Libero il 9 settembre del 2019