Non appena, lo scorso marzo, il corona ha dirottato le nostre esistenze, ognuno di noi ha sviluppato le sue piccole nevrosi: c’è stato chi (sono stati tanti) ha accumulato carta igienica come se la produzione di questo prodotto avesse dovuto essere interrotta, chi ha stipato nelle dispense scatolame di ogni tipo quasi che fossimo in procinto di precipitare in un conflitto nucleare, chi ha cominciato a lavarsi compulsivamente le mani nel tentativo di tenere il Covid-19 alla larga. Ricerche ci dicono che in un anno, sebbene non ci siamo liberati del virus, siamo diventati complessivamente più puliti (curiamo maggiormente l’igiene personale e pure quella domestica), più ordinati, più rispettosi delle basilari norme igieniche, ma pure più pazzi (come se il mondo non fosse stato già abbastanza folle).
Si chiama “pandemic paranoia” quella condizione di stress legata alla pestilenza la quale affligge la popolazione globale e, soprattutto, assume ripercussioni sempre più gravi e preoccupanti. Da una indagine pubblicata sulla testata Psychiatric Times risulta che il 40,9% degli americani ha sofferto di disturbo post traumatico e disordini psicologici derivanti dal generale clima di angoscia nel quale siamo precipitati. Ci sarebbe persino un 10,7% di cittadini statunitensi che avrebbe meditato il suicidio quale unica via di salvezza e liberazione da tale situazione opprimente. Impressiona, in particolare, un fatto: il 25,5% di questa percentuale di aspiranti suicidi è composto da giovani con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Non vi è dubbio che, a livello internazionale, a patire di più le chiusure di scuole, attività, locali, palestre, e l’assenza di socialità sono stati i ragazzi, soggetti fragili che sono stati letteralmente sconvolti da un drastico e improvviso mutamento di abitudini. E non è un caso che in Italia si stia parlando tanto di giovanissimi che scappano di casa, sparendo nel nulla, dileguandosi, come inghiottiti da quel buco nero che ultimamente si portavano dentro. I genitori degli scomparsi non di rado raccontano che i figli avevano cominciato a sentirsi perseguitati, spiati, seguiti, ed erano terrorizzati, non si comprende bene da chi o da cosa.
Sono evidenti sintomi della “pandemic paranoia”, che determina oltre a queste manie, pure ansia e depressione, sempre più diffuse. Se in qualcuno era latente un disturbo psicologico, o una debolezza di questo genere, la pandemia ha agito come detonatore. Usciremo prima o poi dalla pestilenza, grazie al vaccino vinceremo il virus, tuttavia le conseguenze del lockdown con annessi e connessi ci perseguiteranno ancora a lungo.
E se negli USA sono affette da pandemic paranoia 4 persone su 10, è facile ipotizzare che in Italia, dove la pestilenza è giunta prima e dove le chiusure sono state ancora più prolungate e severe, la quota dei disagiati sia più nutrita. La rivista Psychiatric Times infatti riporta altresì uno studio italiano in cui si evidenzia che il 29,5% dei soggetti intervistati mostra sintomi dello stress post traumatico correlato alla pandemia. La ripresa di una esistenza sociale, tale da liberare l’individuo da quelle maglie di solitudine che lo imprigionano, sarebbe la soluzione più opportuna per alleggerire gli animi e abbattere l’isolamento nel quale sopravviviamo. Ma l’esecutivo di aperture non discute, semmai intende protrarre lo stato di paralisi generale persino oltre la Pasqua. Quindi ci tocca armarci per resistere. Secondo gli esperti, prestare maggiore attenzione a ciò che mangiamo può costituire un valido aiuto contro il cattivo umore. In particolare, la zuppa è ritenuta un piatto terapeutico, equilibrato e capace altresì di stimolare la creatività. Ed il suo consumo è cresciuto nell’ultimo anno, complice la circostanza che trascorriamo più tempo tra le mura domestiche e possiamo rilassarci ai fornelli. Lo sa bene Marco Roveda, pioniere del biologico, il quale durante la quarantena ha ideato e messo in commercio una linea di zuppe fresche e di alta qualità. Anche già pronte, dando così la possibilità a chi in cucina è imbranato di nutrirsi in maniera salutare e pure gustosa. Stando ad uno studio apparso su Fox News, il 77% dei consumatori americani si ciba in modo più sano da quando si è avventato su di noi il virus made in China, al fine di mantenersi in salute. Insomma, credevamo che allontanare i cittadini statunitensi dal cibo spazzatura e dal fast food fosse impresa impossibile, invece è bastata una persuasiva pandemia da milioni di vittime per indurli a mettere nel carrello della spesa più frutta e verdura.