Divorarli non ci basta, da secoli infatti li diffamiamo definendoli sporchi e stupidi, tanto che il termine “porco” costituisce una offesa di solito rivolta ad un individuo lascivo, privo di pudore, dissoluto o che per qualche motivo suscita scandalo o ripugnanza, eppure i maiali sono animali non soltanto intelligenti e persino affettuosi, ma anche molto puliti, costretti loro malgrado a vivere in spazi angusti e pieni di sporcizia.

A certificare l’elevato quoziente intellettivo del suino, bestia più sfruttata e vilipesa del pianeta, è ancora una volta la scienza. Essa ha dimostrato che questi teneri mammiferi sono così arguti da essere addirittura in grado di giocare ai videogiochi. Sulla rivista Frontiers in Psychology è stato pubblicato il risultato di un esperimento condotto dai ricercatori della Purdue University, i quali hanno insegnato a quattro maialini, di nome Hamlet, Omelette, Ebony e Ivory, a trastullarsi ai videogame servendosi del proprio musetto per manovrare un joystick. Ciò dà prova del fatto che i suini riescono a comprendere la connessione tra causa ed effetto, cioè tra il joystick e il cursore. “E non è mica cosa da poco”, ha commentato una degli scienziati coinvolti nello studio, Candace Croney, la quale ha aggiunto che i cuccioli hanno smesso di giocare allorché il distributore di ricompense alimentari, che si azionava quando il livello di gioco veniva superato, si è rotto. E neppure questo ultimo comportamento è da sottovalutare, in quanto indica che i maiali non solo non sono affatto sciocchi, ma per di più agiscono mossi da una intenzione, ossia per raggiungere un obiettivo preciso, che in questo caso era appunto quello di vincere la partita per ricevere il goloso premio. Se il compenso manca, perdono mordente nei confronti del trastullo, prediligendo rilassarsi o dedicarsi a qualcosa di più produttivo.

Insomma, i suini sono simili a noi più di quanto avremmo mai creduto. Del resto, anche dal punto di vista genetico, i loro organi interni corrispondono per dimensioni ai nostri. Tali somiglianze derivano forse dal fatto che fin dalla notte dei tempi campiamo in simbiosi con questi mammiferi che rappresentano la più antica risorsa alimentare dell’umanità? I cinesi, ad esempio, allevavano il maiale già 7 mila anni prima di Cristo e il più antico disegno raffigurante un animale, che si trova all’interno di una grotta dell’isola indonesiana di Sulawesi, ritrae proprio un porcellino e risale a ben 45.500 anni fa.

Allora porci ed esseri umani forse avevano un rapporto migliore, lo si evince dalla mano che appare nel graffito e che sembra quasi protendersi in un gesto di tenerezza o di protezione verso il peloso mammifero. Non esistevano ancora gli allevamenti intensivi, dove i maiali, imbottiti di antibiotici (allo scopo di evitare il rischio di malattie), vengono tenuti rinchiusi in gabbie singole e minuscole, all’interno delle quali qualsiasi movimento è impedito. Si mira a farli ingrassare il più possibile, prima di ucciderli entro il nono mese di vita al fine di trasformarli in salumi.

Si stima che solamente nel Bel Paese ogni anno siano 12 milioni i maiali sacrificati e il 90% proviene dalle mega fattorie, con più di 500 capi, in cui questa bestiolina dolce, senziente, munita di capacità di intendere, viene trattata alla stregua di merce, strumento di profitto senza diritti né bisogni né discernimento. Invece no, il suino capisce. Ce lo dicono gli scienziati. Da numerosi studi è emerso che esso riconosce le situazioni di pericolo, prova e condivide emozioni sia positive che negative con i suoi simili ed è un grande comunicatore. Gli piace tanto stare in compagnia. Trattasi di animali sociali, insomma, al pari dell’uomo: gioiscono quando ricevono una carezza, o quando vengono curati e detersi, e soffrono terribilmente allorché vengono separati tra loro e messi in cella in attesa di raggiungere un giorno il mattatoio.

Il consumatore addenterà il suo panino con la mortadella, ignaro dell’iter infernale che il suino ha attraversato per giungere impacchettato sulla sua tavola. Dunque, chi sono gli stolti: noi o loro?

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