Lo hanno definito “lockdown soft” soltanto perché è più facile inventare plausibili scusanti per evadere da casa, persino quando si abita nelle regioni rosse. Ecco perché la seconda quarantena patita dagli italiani è più sopportabile rispetto alla prima, tuttavia non meno devastante sul tessuto economico: le attività che erano riuscite a rimane in piedi, sebbene barcollando, riceveranno con queste rinnovate chiusure imposte dall’esecutivo il colpo di grazia. Quindi, il Dpcm più discusso della collezione, quello che ha davvero scontentato tutti, sindaci e governatori, destra e persino sinistra, gli abitanti del Nord e pure quelli del Sud, in sostanza, produce troppi effetti negativi e non tutti gli effetti positivi che esso maldestramente persegue.

Per uscire dalla propria abitazione non sarà più necessario munirsi di un cane o del carrello della spesa allo scopo di non incorrere in salatissime multe. Stavolta gli italiani, peraltro divenuti più scaltri, non saranno costretti a fare figuracce, come la signora sessantenne la quale la scorsa primavera, a Roma, fu beccata a passeggio dalla polizia a cui dovette spiegare che stava portando a spasso la tartaruga, esibendo la poveretta. Non sono mancati coloro che hanno pascolato conigli, cavalli, criceti e gatti, che in vita loro non avevano mai messo il musetto al di là dell’uscio, né quelli che hanno giustificato il mancato rispetto dell’isolamento domestico specificando di essere sbucati dalle quattro mura soltanto per buttare l’immondizia (a 50 km dal domicilio). L’arrampicata sugli specchi è stato lo sport più praticato dagli italiani tra marzo e aprile. Ma oggi, persino nelle aree in cui i limiti sono più copiosi e stringenti, è arduo trovare strade completamente deserte. La gente è stufa e insofferente e ha già stillato la lista delle scuse più efficaci al fine di non rinunciare al proprio fondamentale diritto di movimento senza però pagare ammende.

Innanzitutto, oggi, a differenza di ieri, è permesso recarsi dal parrucchiere e dal barbiere. Non si comprende perché questi possano lavorare ma agli estetisti sia vietato. Insomma, possiamo tagliare i capelli, ma guai a tagliare pure le unghie. Ad ogni modo, quella di dovere sistemare il colore o l’acconciatura è una ragione valida per allontanarsi dal proprio nido. A questa si aggiunga la necessità di acquistare rossetti e altri trucchi, o magari un profumo, o l’impellenza di dovere comprare una tutina al figlio neonato che non si ha o al nipotino. È poi ammesso recarsi in libreria, al mercato (restano aperti quelli alimentari), al bar, al ristorante, in pizzeria, al fine di ritirare bevande o cibi da asporto, che tuttavia non possono essere consumati all’interno dei locali né nelle immediate adiacenze. Tale stramba regola dunque impedisce a camerieri e baristi di guadagnarsi il pane, riducendoli alla fame, e diminuisce drasticamente gli introiti delle imprese, condannandole al fallimento, eppure non ostacola chi ha intenzione di starsene all’aperto. In poche parole, le persone che non hanno nessuna voglia di murarsi ancora in casa potranno trascorrere la giornata intera a zonzo, girandosi i pollici, dal momento che il premier Giuseppe Conte ha messo al bando il lavoro. Si può vagabondare inoltre per fare un salto dal fioraio, dedicarsi all’attività sportiva (corsa) o anche solo motoria (passeggiatina), purché in solitudine, specifica che non demoralizza affatto gli amici che desiderano darsi appuntamento al parco o in centro per fare due passi insieme.

Quello di Conte sembra un decreto finalizzato ad annientare l’economia italiana più che il coronavirus. E l’avvocato del popolo – occorre riconoscerglielo – ci riesce benissimo.

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