“Questa di Marinella è la storia vera. Sola senza ricordo di un dolore, vivevi senza il sogno di un amore”, tali versi de “La canzone di Marinella” di Fabrizio De André mi sono venuti in mente quando ho appreso una notizia su cui da due giorni non smetto di riflettere. Marinella Beretta, 70 anni, venerdì scorso è stata trovata senza vita seduta nel salotto di casa sua, sita nella periferia di Como. O forse dovrei dire non Marinella Beretta, ma ciò che resta di lei, un corpo in avanzato stato di decomposizione, rimasto lì a imputridirsi e consumarsi per quasi due anni e mezzo, dato che è dal settembre del 2019 che nessuno ha più visto o sentito la signora, la quale non aveva parenti o almeno non aveva anima che si interessasse di lei. Non un congiunto, non un amico, non un vicino che abbia tentato una telefonata, che si sia allarmato per la sua scomparsa, che sia andato a bussare a quella porta, che abbia allertato le forze di polizia.

Perché nessuno si è accorto del trapasso di Marinella? La risposta a questa domanda è alquanto semplice: è perché nessuno si è accorto della sua esistenza. Marinella era sola, sola nella maniera più assoluta e totale in cui possa essere solo un essere vivente. Eppure viveva in una comunità, in una città, in un quartiere, aveva un vicinato, aveva, suo malgrado, dei rapporti quantunque superficiali di conoscenza. Sappiamo che aveva venduto la villetta in cui dimorava a un cittadino svizzero, il quale ogni mese le versava dei quattrini sul conto, affinché la donna potesse badare alle sue necessità. Ma neppure costui si è impensierito più di tanto quando non ha più saputo nulla di Beretta. Ognuno, nelle sue proprie faccende affaccendato, non ha fatto caso alla circostanza insolita che Marinella fosse svanita nel nulla.

E questo dovrebbe indurci a compiere qualche riflessione sulla nostra superficialità. È esplosa la pandemia nel marzo del 2020, pareva che gli esseri umani fossero improvvisamente diventati più buoni, generosi, attenti al prossimo, più portati ad occuparsi dei bisogni del vicino, invece era una pia illusione, perché neanche allora ci fu anima che si chiese: dov’è Marinella? Chissà come sta Marinella? Le occorrerà qualcosa?

Intanto Marinella, presumibilmente dal settembre dell’anno precedente, era seduta su una sedia del suo salone, ferma, immobile, in questo mondo fibrillante e folle che girava vorticosamente e mutava alla velocità della luce restando sempre quello che è, o forse soltanto un po’ peggiore, perché il coronavirus ci ha resi ancora più rabbiosi, egoisti, indifferenti, diffidenti, frustrati.

Quando arrivò l’ordine di “stare in casa”, Marinella era lì, chiusa tra le sue mura, distanziata dall’universo intero, circondata dalla polvere. Quando cominciarono le prime timide aperture, Marinella era ancora lì, con intorno qualche millimetro in più di polvere. E poi non una, ma bensì due lunghe estati sono trascorse. E Marinella era ancora lì a rinsecchirsi, ormai già divorata dai vermi. E poi venne il giorno, quel venerdì del febbraio del 2022, quando, solo grazie a un colpo di vento che spaventò i vicini in quanto il ramo di un albero della proprietà di Marinella sembrava pronto a cadere, o volare via, fu contattato insieme ai vigili del fuoco il nuovo proprietario svizzero, il quale, a sua volta, contattò la polizia, la quale entrò in quella villetta chiusa da oltre due anni e vi trovò una donna logorata dagli anni, dalla stanchezza e dalla solitudine, seduta ancora eretta su una sedia, in attesa di una visita. Una donna morta. Una sorta di fantoccio secco secco, consumato e imputridito, con ancora i capelli e i vestiti, sotto soltanto ossa e pelle. Marinella era lì e osservava quegli sconosciuti dalle orbite vuote, con rassegnazione e severità e pure dolcezza, come per dire: “Ce ne avete messo di tempo… Io vi ho aspettato”.

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