Se il riccio ha messo le spine è perché qualcuno in un tempo remoto deve avergli fatto tanto male, proprio a lui che non stuzzicherebbe una mosca: tutto ciò che chiede è di vivere indisturbato. Della sua grazia si è accorta la scrittrice francese Muriel Barbery, la quale in un libro di straordinario successo, “L’eleganza del riccio”, accosta la figura di madame Michel, una portinaia schiva e trasandata, a codesto mammifero: “fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti”.
Non li vediamo ma ci sono, pure nel verde delle nostre città. I ricci si nascondono, un po’ per timidezza e un po’ perché gli piace così. Non hanno voglia di mostrarsi, di apparire, di svelare il dolce musetto o il morbido pancino, e perciò escono dai loro nascondigli soprattutto di notte, quando gli uomini riposano e tutto intorno regna un profondo silenzio, al fine di reperire cibo e fare due passi evitando scocciature. L’agilità non è il loro forte, si muovono goffamente, percorrendo quasi sempre gli stessi tragitti. Hanno fama di essere scontrosi, dato che schivano i contatti persino con i propri simili e, allorché avvertono un pericolo si sigillano in loro stessi, immobilizzandosi e drizzando gli aculei sul dorso, da qui l’espressione “chiudersi a riccio”. Proprio come è accaduto ad un giovane esemplare che sabato pomeriggio, a Ciriè, in provincia di Torino, ha avuto la sfortuna di capitare sotto le grinfie di un gruppetto di ragazzi, i quali per trastullarsi hanno preso a torturarlo, filmando e fotografando le angherie inflitte alla misera bestia con il telefonino e postando poi il video e le immagini sui social network come se il loro crimine meritasse onorificenze ed applausi e non il riformatorio.
Il porcospino se ne sta lì, inerme, senza scampo, preso a calci come fosse un pallone, i giovanotti se lo passano sferrandogli pedate virulenti, palleggiano con il suo corpicino sempre più stremato, intanto il piccolo resta blindato in se stesso, risoluto a non perire, in attesa che quel supplizio abbia termine, prima o poi, per potere fare ritorno nella sua tana, rivestita di foglie profumate ed accogliente. Invece no, si va avanti così a lungo. Senza tregue. I voli sono vorticosi, mettono sotto sopra lo stomaco della bestiolina, e poi subito di nuovo un altro colpo e un altro ancora, con sottofondi di allegre risate, che risultano più che mai stridenti e fuoriluogo. Tutto ciò però non basta. I criminali non desistono, ciò che desiderano è ammazzare il cucciolo nella maniera più sadica possibile e dopo vantarsene. Quindi lo afferrano e lo incastrano tra i binari della ferrovia e poi aspettano pazienti che il primo treno lo spappoli, gustandosi la scena. L’episodio è stato denunciato alle forze dell’ordine che adesso risaliranno alla identità degli autori di questi misfatti. L’animaletto, purtroppo, è morto dopo una terribile agonia.
Li abbiamo compatiti perché costretti in casa per tre mesi, ma ora che possono giocare all’aria aperta, incontrare gli amici, socializzare, alcuni fanciulli – grazie al Cielo non tutti – si divertono trucidando innocenti creature, incapaci di difendersi, di correre via, di attaccare, di svincolarsi dai propri aguzzini. Il che non promette nulla di buono, dal momento che chi in tenera età manifesta viltà e insensibilità nei confronti di esseri in difficoltà è escluso che diventi in seguito un adulto gentile e compassionevole verso gli animali nonché i propri simili. Più facile semmai che queste tendenze sfocino in altri comportamenti antisociali e delittuosi e che tali lacune educative, di cui sono responsabili i genitori, mutino in vuoti morali, in abissi in cui precipita l’umanità, che è meno umana ogni volta che uno di noi arreca sofferenza al più debole, chiunque sia. Le scuole sono chiuse ormai da tre mesi, tuttavia ciò non esonera babbo e mamma, purtroppo spesso assenti sebbene permangano a casa con la prole, dal dovere di trasmettere ai propri figli il rispetto nei riguardi di ogni forma di vita. È questo forse il primo e più importante compito che spetta a padre e madre. Affinché in un Paese che si dice civile non succeda mai più che un cane, un gatto, un rospo, un topo, o un riccio, vengano martoriati come se ciò costituisse un ameno passatempo.
Articolo pubblicato su Libero il 2 giugno 2020