Durante la quarantena mondiale, per effetto della paralisi di tutte le attività e dell’obbligo di rimanere in casa 24 ore su 24, è successo a miliardi di persone di sperimentare una sensazione che – chissà perché – ci atterrisce: la noia. Per eluderla persino chi non aveva mai bollito neppure un uovo ha indossato il grembiule e si è messo ai fornelli, o chi soffriva di pigrizia cronica ha infilato la tuta e cominciato a fare ginnastica tra le quattro mura, procurandosi non di rado qualche strappo muscolare. Peggio hanno compiuto quelli che si sono dati ai canti sul balcone suonando la batteria (di pentole), disturbando in tal modo la quiete pubblica e imponendo ai vicini i propri vocalizzi da cornacchie. Perché, purtroppo, di solito avviene che colui il quale si annoia diventi una scocciatura per il poveretto che si trova nei paraggi.

Siamo disposti a tutto pur di non sentire quel senso di vuoto che ci coglie all’improvviso, quel precipitare nel vortice dei nostri più intimi pensieri, quella stasi di tutto che ci preoccupa, forse perché essa assomiglia al Nulla che è l’esatta antitesi della Vita. Studi scientifici hanno dimostrato che preferiamo prendere la scossa piuttosto che permanere per 15 minuti in solitudine, in balia di noi stessi, in una stanza vuota e silenziosa.

La noia ci terrorizza tanto che al fine di schivarla ricorriamo a compagnie poco raccomandabili, musica assordate che ci fracassa i timpani, shopping sfrenato che ci fa restare al verde, ma pure droghe, alcol, cibo in grandi quantità. Insomma, siamo pronti ad autodistruggerci piuttosto che annoiarci, a vendere l’anima al diavolo pur di non stare con le mani in mano a riflettere. O forse ciò che ci spaventa è il confronto con noi stessi, a cui ci spinge e ci costringe la monotonia. Eppure, per incontrare il nostro io più profondo, occorre che percorriamo questo piccolo tunnel, quel passaggio dopo il quale la noia opprimente si trasforma in uno stato di grazia, per molti irrinunciabile.

Scansare il tedio non è operazione intelligente, stando alle conclusioni a cui sono giunti numerosi esperti di tutto il globo. Anzi, sembra addirittura che esso ci renda più felici e longevi. Uno studio londinese condotto nel 2010 ha analizzato alcuni questionari sottoposti a oltre 7500 impiegati statali alla fine degli anni Ottanta. Ne è risultato che coloro che all’epoca avevano definito la noia un grosso problema nella propria esistenza avevano il 37% di probabilità in più di essere deceduti al momento dell’indagine. La noia non è causa diretta di morte, però correlata ad altri fattori di rischio per la salute può diminuire l’aspettativa di vita. Campano a lungo, invece, gli individui che non ritengono affatto che la noia sia una problematica, tutt’altro. Si tratta di soggetti che ogni dì si ritagliano lo spazio fisico e temporale per restarsene da soli a meditare e non tollerano invasioni di campo.

Persino il Padreterno reputa necessaria la noia. Il settimo giorno, così come hanno tramandato le Sacre Scritture, Dio si riposò: non fece un bel niente, si fermò, oziò, si girò i pollici o restò semplicemente in silenzio, ammirando la sua opera, non si mise al telefono per disturbare questo o quello, non si recò da qualche parte a spassarsela. Ne prendano esempio i rompipalle, che sono sempre persone che troppo agevolmente si scocciano e che quindi scocciano il prossimo.

La noia, lungi dal costituire una esperienza negativa, è una condizione transitoria e benefica per la mente, perciò dovremmo piantarla di esorcizzarla, in quanto essa non soltanto giova alla salute psico-fisica ma ci rende pure migliori: indipendenti, equilibrati, riflessivi, spiritualmente forti. Eppure, perché sia vantaggiosa, è essenziale che l’affrontiamo focalizzandoci su noi stessi anziché andare alla ricerca disperata e spasmodica di stimoli esterni, spesso artificiali.

Siano lodati dunque i cosiddetti “momenti morti”, quelli in cui non stiamo facendo nulla di stimolante o produttivo e quasi ci sembra di stare sprecando il nostro tempo, in verità siamo ad un passo da un’idea geniale, o da una verità sepolta dentro di noi da troppo tempo. Poiché è acclarato: la noia libera la mente, ricarica di energia il cervello, stimola attenzione e creatività, facilita le brillanti intuizioni, ci conduce a rielaborare i pensieri inconsci portandoli a galla nella coscienza. Dovremmo apprezzarla e benedirla, anziché scansarla. Lo sanno bene inventori, artisti, scrittori, i quali si rifugiano nella quiete e nell’inazione, che per i più presuppongono l’inevitabile noia, al fine di creare. Il principio che l’uggia incrementi l’estro e la qualità delle meditazioni è così radicata in ambiente accademico che tuttora ai docenti universitari è riconosciuto periodicamente l’anno sabbatico, ossia dodici mesi di congedo retribuito in cui i professori possono dedicarsi in maniera esclusiva alla ricerca e allo studio.

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