Le chiamavamo “baby gang” nel 2004, quando hanno fatto il loro esordio a Milano e anche a Genova. Ma piccoli criminali crescono e diventano assassini, rapinatori, stupratori, spacciatori, tutti affiliati a vari gruppi con legami transnazionali con la madre patria, con un proprio ordinamento ed un proprio codice scritto da fare rispettare a costo del sangue.
Sono i “latinos”, al cui interno si ritrovano soprattutto sudamericani di diversa nazionalità, ma anche filippini, africani, persino italiani. Un esempio di integrazione viziosa che avvicina persone di cultura diversa per mezzo di un denominatore comune: il desiderio di affrancarsi da una condizione di esclusione sociale attraverso l’uso della violenza.

A Milano l’esercito dei latinos conta tra i 2000 e i 2500 soldati, sia uomini che donne, molti dei quali minorenni (l’età media va dai 12 ai 24 anni), ma non per questo meno pericolosi. Sono figli di immigrati sudamericani e, giunti in Italia per ricongiungersi ai genitori, faticano a trovare una propria collocazione e ad integrarsi. Ecco allora che la gang diventa un rifugio, un ambito in cui ricostruire un brandello di patria e ricevere sicurezze e protezione. Nel branco ci si sente forti, quasi invincibili. Si è pronti a tutto.
L’età dei capi è variabile. In genere, sono trentenni, ma non mancano boss più anziani che vantano legami ancora più solidi con le mafie dei Paesi di origine.

Sono bande “liquide”, ossia ancora in evoluzione e in continuo mutamento, eppure ben presenti su tutto il territorio milanese che viene spartito tra i vari gruppi in modo netto. Ogni banda ha la sua zona di controllo ed influenza, in cui svolgere la propria attività criminale ed in cui scorrazzare seminando terrore.
Ma non è preoccupante tanto questo quanto la fisionomia che tali gruppi potranno assumere fra qualche anno, qualora il fenomeno non venisse arginato in modo opportuno.

“Nascono come bande di strada, molte volte poco organizzate dal punto di vista tattico e strategico, ma poi compiono un salto di qualità con un inizio di militarizzazione strutturale sul modello dei cartelli colombiani, come è avvenuto negli USA”, spiega Gianpiero Spinelli, consulente e istruttore di antiterrorismo per diverse unità della polizia in Brasile e in altri Paesi dell’America Latina nonché autore del libro “Caveira”, edito da Mursia.

Ritualità e comunicazione rappresentano elementi di identificazione fondamentali per i latinos. Tatuaggi, graffiti, colori e abbigliamento costituiscono una sorta di uniforme di riconoscimento e di appartenenza.
Anche i processi di iniziazione seguono precisi rituali che variano da uomini a donne. Secondo quanto ci racconta l’esperto, i primi, per poter essere affiliati, devono superare una prova basata sulla resistenza ai pestaggi o un esame di coraggio come l’omicidio. Le seconde, invece, devono sottoporsi a rapporti sessuali con i membri della gang.

Le attività principali, come nella madre patria, sono furti, rapine, spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, furti d’auto, riciclaggio di denaro. In particolare, lo spaccio e le estorsioni rappresentano i business più prosperi delle “Maras”, così Spinelli chiama i gruppi di criminali latino-americani attivi in Italia.
Un altro affare importante nei Paesi di origine è il controllo del trasporto pubblico tramite il pagamento di una tangente. “Il mancato pagamento si traduce in violenze rappresaglie”, continua Spinelli, che ci fornisce alcuni dati: nel 2014, 179 autisti di autobus, taxi e minibus sono stati assassinati in Guatemala. Nel luglio 2015, le due organizzazioni criminali, MS-13 e M-18, hanno paralizzato a El-Salvador l’intero sistema di trasporto. Un tipo di crimine molto comune nell’America latina che, secondo l’International Intelligence Community, costituisce una delle attività di slancio anche nei Paesi europei. E, alla luce di tutto questo, assumono una connotazione ancora più agghiacciante le aggressioni da parte di latinos al personale ferroviario, come quella avvenuto sul treno, in una fermata della periferia di Milano, nel giugno del 2015 a colpi di macete da parte di un gruppo di giovani sudamericani nei confronti di un capotreno, che ha perso un braccio, e di un altro ferroviere fuori servizio.

“Nella cultura latina, il legame con i paesi d’origine e con la famiglia è molto forte. Famiglie molto estese rappresentano un punto di riferimento e di identità specifico dal punto di vista aggregativo e culturale”, afferma Spinelli, che è convinto che i contatti dei latinos con le Maras o Pandillas dei Paesi di origine siano stretti e costanti.
Spinelli mette in guardia dai pericoli che implica una sottovalutazione dell’espansione di questo tipo di criminalità transnazionale legata all’immigrazione. Fenomeni simili a quelli avvenuti a Milano di recente si sono registrati anche in altre importanti città europee. L’esperto esclude che la decisione del sindaco di Milano, Beppe Sala, di mettere in campo l’esercito possa realmente servire a qualcosa, anche perché limitati sono i poteri dei militari. Aumenta la sicurezza percepita ma non quella reale.
“È necessaria un’azione di intelligence di aderenza specifica, che sia in grado di interpretare il processo evolutivo di queste organizzazioni, contrastandolo adesso prima che si inneschi all’interno il processo di militarizzazione”, afferma Spinelli.
A ciò bisogna aggiungere: una sorveglianza specifica nonché la preparazione specialistica delle nostre forze dell’ordine “per fare fronte in modo efficace a questa nuova minaccia sociale”.

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