Sono 20 mila le bimbe che rischiano di subire mutilazioni genitali femminile nei prossimi anni. Dove accadrà? Proprio nel nostro Paese, in cui i flussi migratori in crescita hanno fatto sì che questi fenomeni ci riguardino da vicino e non siano cose leggendarie che succedono in zone recondite del pianeta. Dal 1996 al 2011 soltanto nella capitale sono state curate diecimila giovani infibulate, alle quali è stato tranciato il clitoride per privarle a vita della possibilità di godere di una sessualità appagante.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), le mutilazioni genitali femminili sono “procedure che implicano l’asportazione parziale o totale dei genitali esterni per ragioni non mediche”. Dunque quali sarebbero i motivi che costringerebbero le femmine a subire, senza anestesia e rischiando di perire, il taglio delle proprie parti intime con forbici, lamette, coltelli o frammenti di vetro, e la seguente cucitura grossolana con ago e filo?
La motivazione sta nell’esigenza di consegnare al maschio una sposa pura, illibata, pronta da sconfezionare la prima notte di nozze, insomma nel desiderio dello sposo di rendere assoluto il suo predominio sulla consorte, impadronendosi del suo corpo e facendone ciò che gli pare e piace. Ella non è che un oggetto, una proprietà, una schiava, che deve mostrarsi solo al suo padrone girando avvolta in metri e metri di pesante stoffa nei rari momenti in cui si trova all’esterno delle soffocanti pareti domestiche.
Ciò avviene pure qui, sul nostro territorio, nelle nostre città, dove lunedì scorso, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sul gentil sesso, sono state indette manifestazioni e conferenze, criminalizzando il maschio italiano, dipinto quale essere retrogrado e bruto, che molesta, picchia, ammazza la propria compagna, compiendo quel delitto di cui tutti parliamo ogni dì su giornali e in tv: il femminicidio.
Se ci sforzassimo di adottare una prospettiva più ampia, liberandoci dei paraocchi, ci accorgeremmo che è maltrattamento pure imporre ad una figlia o ad una moglie di indossare il velo o addirittura il burqa e sono migliaia le signore che si piegano a questo uso nel Bel Paese, basta passeggiare per le nostre metropoli per scoprirlo. Eppure le femministe non si occupano di questa tipologia di abusi, che le lasciano indifferenti. Si mostrano solidali con Asia Argento, la quale ha avuto una relazione con il suo produttore cinematografico, salvo poi denunciarlo per molestie vent’anni dopo, e si voltano dall’altra parte allorché vedono le giovani nigeriane sul ciglio della strada, sfruttate dalle organizzazioni criminali che le hanno messe sui barconi per mandarle in Europa a prostituirsi sotto minaccia.
Non si indignano quando incrociano ragazze imprigionate in abiti scuri. Affermano piuttosto: “È la loro cultura. È una loro scelta”. Fanno finta di non sapere che quelle signore non hanno scelto un bel niente. Non è forse violenza privare le figlie femmine del diritto allo studio ritirandole dalla scuola dell’obbligo per istruirle in casa ad essere buone mogli e madri? Ogni anno in Italia circa 130 mila minori abbandonano precocemente la scuola dell’obbligo e sono in gran parte di sesso femminile: saranno condannate alla povertà, all’infelicità, alla non realizzazione personale e professionale.
Queste stesse minori finiscono spesso con l’essere date in spose a uomini molto più grandi di loro, non di rado deportandole nei propri Paesi di origine. Non si tratta anche in questo caso di abuso? Succede nelle periferie, nei palazzi occupati, nelle baraccopoli, in quelle romane, ad esempio, secondo un’indagine dell’associazione 21 luglio risalente al 2017, le unioni precoci superano il record mondiale del Niger: sul totale dei 71 matrimoni riscontrati tra il 2014 e il 2016, il tasso di unioni precoci emerso presso gli insediamenti considerati è stato del 77%, numero che supera il record mondiale del Niger (76%). E le femministe dove sono?
Esse sono le prime a discriminare il loro stesso genere: rigettano ogni forma di maltrattamento sulle occidentali, ricche, emancipate ed istruite e non si curano delle condizioni di degrado in cui versano le immigrate islamiche e le rom. Emblematico il caso della tredicenne nomade di Cittadella, in provincia di Padova, rimasta incinta dopo una relazione con un uomo di 32 anni, indagato ora per reati sessuali su minore, il quale tuttavia davanti alle telecamere ha dichiarato: “Siamo Sinti ed abbiamo regole differenti, per noi è la normalità”. La normalità in Italia però è che un adulto non vada a letto con una bambina. Non è ammissibile una cultura che giustifichi lo stupro, la brutalità, la coercizione sull’altro nonché la repressione dei diritti umani di chi nasce femmina.
Articolo pubblicato su Libero il 28 novembre del 2020