La recente e coatta paralisi del sistema economico, rimessosi faticosamente in moto da qualche giorno, penalizzerà in particolare le donne, la quali sono tornate a farsi custodi del focolare occupandosi in maniera esclusiva dei figli, che non frequentano le scuole dai primi di marzo, o dividendosi tra oneri domestici e lavoro da remoto. Dunque, sono più oberate e incasinate di prima e non hanno nessuno sfiatatoio. Inoltre, la disoccupazione che scaturirà dal prolungato blocco colpirà soprattutto il nostro genere, che a livello lavorativo già se la passava peggio di quello opposto, visto che le italiane rappresentano il 42,1% degli occupati complessivi del Paese e il tasso di attività femminile è del 56,2%, (quello maschile del 75,1%). In Europa nessun altro Stato, eccetto la Grecia, è messo peggio di noi sotto questo profilo.

E ora ci accingiamo a compiere passi indietro anziché in avanti. I dati emersi da una ricerca condotta da BVA-Doxa per eToro, piattaforma di investimenti, sono alquanto preoccupanti: nel nostro Paese soltanto 4 donne su 10 affermano di essere del tutto indipendenti economicamente. Le altre 6 sono vincolate al portafogli altrui, ossia di mariti e compagni. A questo punto urge porsi una domanda: può considerarsi libera una donna che è costretta a chiedere i soldi a chi le sta accanto?

Al di là delle evanescenti chiacchiere delle neo-femministe, che conducono accanite battaglie per conquistare astine alle vocali e quote rosa come se il loro posto nelle istituzioni gli dovesse essere garantito per legge e non per merito, ci preme rilevare che finché il gentil sesso non si emanciperà finanziariamente da quello chiamato “forte”, a quest’ultimo sarà inevitabilmente sottomesso. Si dice che la libertà sia qualcosa che attiene allo spirito e non alla materia, in verità essa ha molto a che fare con ciò che si ha in tasca. Ma, a sua volta, l’autonomia monetaria deriva da cultura e istruzione, ambiti in cui le fanciulle eccellono rispetto ai giovanotti, nonché da ambizione personale e desiderio di realizzazione della persona.

Ideali a cui spesso le giovani rinunciano al fine di diventare mogli mantenute e madri. Insomma, le ragazze ancora oggi sono pronte a deporre, anzi ad immolare i loro obiettivi professionali (talvolta non li coltivano proprio), per aggiudicarsi un tetto, un coniuge che reca lo stipendio e qualche illusoria sicurezza, trascurando il fatto che la vera sicurezza non può che derivare da ciò (anche poco) che noi stesse siamo in grado di fare, di produrre, di garantirci. Pure perché gli amori finiscono, al pari dei matrimoni, e spesso ci si ritrova da sole e con un carico di rimpianti, illusioni e pentimenti. Chi preserva impiego e indipendenza può spaccarsi il cuore sì, ma non si spacca le ossa. Si risolleva e va avanti, facendo affidamento sulle proprie risorse. Per quale motivo non insegniamo questo alle nostre figlie e alimentiamo invece in loro l’idea talvolta dannosa che verrà un dì un principe azzurro su un cavallo bianco per salvarle da una esistenza misera e rinchiuderle nel suo dannatissimo castello?

La disparità tra i sessi è una questione culturale. Ce l’abbiamo incisa nella testa. Sedimentata da millenni. Ed ecco che è stato possibile che una maggioranza di governo che per vocazione si reputa “a favore delle donne” e che include un partito, Italia Viva di Matteo Renzi, nato come “partito femminista” per esplicita dichiarazione del suo leader, abbia fabbricato negli ultimi mesi una quindicina di task force piene zeppe di esperti, scienziati, dottori, tutti contraddistinti dall’appartenenza al genere maschile. Primo requisito: essere penemuniti. Alla faccia del femminismo! Dobbiamo concluderne che le signore non sono all’altezza del compito o piuttosto che tale esecutivo è composto da maschilisti travestiti da sostenitori dei diritti di lei? Io protendo per la seconda soluzione. E non mi sta bene. Come non mi sta bene che il premier Giuseppe Conte, davanti alle polemiche sollevate da alcune esponenti politiche, abbia offerto il contentino: ha inserito 11 gonnelle nei comitati tecnici. Giusto per farle stare zitte. E ci è riuscito.

È quasi come dare il biscottino al cagnolino.

Articolo pubblicato su Libero il 23 maggio del 2020

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