Una volta erano beni dal valore anche affettivo, quindi inalienabili, mentre oggigiorno i gioielli di famiglia vengono ceduti sempre più di frequente da coloro che hanno bisogno di liquidità immediata. Un italiano su 4 si dice pronto ad impegnare anelli, collane, orecchini e pietre preziose della nonna non solo per fare fronte alle spese indispensabili e improrogabili, come il pagamento del mutuo o dell’affitto, delle bollette e dei generi alimentari, ma qualche volta pure per andare in vacanza. Poiché, in fondo, come osservò Oscar Wilde, si può rinunciare a tutto, tranne che al superfluo.

È quanto emerge dall’indagine “Gli italiani e l’impatto economico dell’emergenza coronavirus”, condotta da Affide (leader europeo del credito su stima) e BVA Doxa su mille italiani per comprendere quali siano stati i principali effetti della pandemia sul sistema economico. Per 2 abitanti della penisola su 3 la situazione finanziaria del nucleo familiare è peggiorata a causa della pandemia e ciò li ha obbligati a modificare lo stile di vita a cui erano avvezzi. Il 16% di quelli che hanno ammesso di essere stati danneggiati dal periodo di isolamento ha parlato addirittura di “impatto molto forte”, avendo dovuto chiudere la propria attività o essendo rimasto disoccupato. Il 25% del campione totale ha perso circa mille euro, un altro 25% tra i mille ed i 5 mila, l’11% ha subito perdite superiori ai 5 mila euro.

Va da sé che sono state soprattutto le famiglie con figli ad essere colpite dalla crisi, seguono gli autonomi, i disoccupati, i quali oramai non hanno più nemmeno la speranza di potere trovare un’occupazione, e i giovani tra i 18 ed i 24 anni.

In preda alla disperazione, dopo avere atteso sovente invano gli aiuti promessi dal premier Giuseppe Conte, parecchi italiani hanno assunto la difficile scelta di impegnare i preziosi, con la convinzione, o l’auspicio, di potere presto tornare in possesso dei bijou di mammà. Una maniera per disporre di contanti seduta stante, ovvero nel giro di una ventina di minuti, senza incorrere nella rogna di presentare garanzie, come buste paga o dichiarazioni dei redditi.

Il credito su stima consente di intascare un finanziamento offrendo come unica assicurazione un gioiello, di cui il soggetto alienante non smarrisce la titolarità. Esso verrà custodito in sicurezza dalla società finché, al termine del periodo concordato, il legittimo proprietario dell’oggetto non scelga di riscattare il bene (cosa che avviene nel 95% dei casi) oppure di prolungare il finanziamento. Soltanto nel 5% dei casi i monili, non essendo stati riscattati, vanno all’asta. Sempre per conto del cliente.

Chi ricorre a questa forma di finanziamento, in fondo, non avverte sensi di colpa nel distaccarsi da un bene che gli sta a cuore, poiché sa che potrà recuperare più avanti ciò che impegna oggi. Nel Belpaese fanno uso di codesto servizio tra le 270 mila e le 300 mila persone ogni anno, per un giro d’affari complessivo di circa 800 milioni di affidamenti (dati Assopegno 2019). A maggio è stato registrato un incremento del ricorso al credito su stima pari al 18% in più rispetto al mese di febbraio.

Insomma, il coronavirus ci ha resi più poveri. Ceduto l’oro della bisnonna non ci resteranno che le pezze al fondoschiena. Poco male, al mare basta infilare lo slip.

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