È da sempre uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle che reputa lo smart working “il futuro del lavoro”, avvenire in cui tutti sgobberemo seduti sul divano, in mutande, davanti al computer, senza bisogno di mettere il naso fuori dall’uscio. In questi anni i pentastellati hanno cercato di convincerci che questa modalità di organizzazione delle ore lavorative apportasse numerosi vantaggi.

Secondo il ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, essa “aumenta la produttività”. In un articolo pubblicato il 2 marzo scorso sul Blog delle Stelle si legge che “i benefici del lavoro da remoto sono tangibili e raggiungibili a fronte di investimenti contenuti: risparmiare tempo evitando spostamenti spesso inutili conviene alle persone, all’ambiente e alle aziende. Anche in Italia si constata che le aziende smart hanno lavoratori più produttivi e soddisfatti. Conciliare vita e lavoro si può, e giova a tutti”. E la sindaca di Torino Chiara Appendino invece l’8 luglio scorso, sempre sul portale dei grillini, ha scritto: “Lo smart working è uno dei grandi cambiamenti del nostro tempo che può portare notevoli profitti alla società e all’economia”, ecco perché, a giudizio di Appendino, esso andrebbe stabilizzato, quindi dovrebbe diventare permanente.

La tifoseria del lavoro da casa è composta soprattutto da chi fatica fuori dalle mura domestiche o da chi non è stato danneggiato dalla chiusura di uffici, scuole, attività di vario tipo. Oggi sappiamo che la permanenza nel proprio appartamento di milioni di impiegati sia del privato che del pubblico favorisce la disoccupazione, conduce al fallimento di troppe imprese che basavano i loro introiti sulla presenza di lavoratori di cui adesso non si vede neppure l’ombra, e determina altresì ansia, paura, insoddisfazione, persino infelicità nel lavoratore, che suo malgrado subisce una riduzione drastica della socialità nonché la perdita del confronto diretto con i colleghi, che costituiva altresì una occasione di scambio di idee, crescita ed arricchimento.

Chi resta nel suo nido si sente più insicuro rispetto a chi va in ufficio, quasi tagliato fuori, escluso, e teme di essere svantaggiato nella carriera. Tanto che i dipendenti in smart working si percepiscono come la plebe rispetto a quella classe di lavoratori fortunati che escono al mattino e rincasano di sera, esercitando così maggiore controllo sulla propria esistenza professionale.

A rifiutare la prospettiva di compiere il proprio dovere dalla personale abitazione sono soprattutto i giovani, i quali, pur essendo più avvezzi all’uso delle tecnologie, prediligono di gran lunga il contatto con gli altri che si estingue allorché non si frequenta più l’ufficio. Quindi i ragazzi – altro che bamboccioni! – preferirebbero svegliarsi presto, prendere i mezzi pubblici o imbottigliarsi nel traffico, pur di avere un motivo valido per trascorrere la giornata fuori dal perimetro domestico, il quale finisce con il venire a noia. È quanto emerge da alcuni sondaggi dei Paesi anglosassoni riguardo la job satisfaction dei lavoratori in smart working.

Senza dubbio il lavoro da casa ha generato un lieve incremento della produttività in alcuni ambiti, ma ora questo progresso in termini materiali rischia di rivelarsi temporaneo, in particolare se lo stato d’animo del lavorante casalingo dovesse adombrarsi.

In fondo ciò che ci rende maggiormente efficienti è il benessere mentale, assicurato da uno stato di appagamento e di serenità dello spirito, che si guasta se si trascorre tutto il dì sigillati nel proprio antro, facendo la spola tra la postazione del pc e il frigorifero. L’essere umano si conferma essere un “animale sociale”, il quale si lagna di parenti, vicini, colleghi, estranei ingombranti, ma che pure non può farne a meno, pena il deperimento interiore.

L’ufficio non è soltanto il luogo dove si svolge un’attività che di ricreativo non ha nulla, bensì rappresenta pure un posto in cui si fanno conoscenze, si creano amicizie, si intrattengono conversazioni reali, si costruiscono reti sociali, e ci si può persino innamorare. È questa parte umana del lavoro a mancare a tutti coloro che sono ormai stufi di starsene in casa.

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